Nota di commento alla sentenza del Tar Lecce n. 81 del 24.01.2016

Avv. Francesco Pandolfi - Utilissima sentenza quella oggi in commento, la n. 81/2016 del Tar Puglia - Lecce, sezione 1, che ci consente di trarre validi spunti al fine di procedere, in casi analoghi, al ricorso per l'annullamento del provvedimento del Questore di revoca della licenza e libretto di fucile ad uso caccia.

Tizio subisce la revoca della licenza detta, già rilasciatagli: ricorre quindi impugnando la nota.

I Magistrati ritengono fondati gli argomenti del ricorrente (violazione dell'art. 43 r.d.773/31, eccesso di potere per contraddittorietà e mancanza di motivazione), partendo dalla ricostruzione del quadro normativo.

L'impianto normativo di riferimento

Art. 11 T.U.L.P.S.: salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione; a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Inoltre, le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato una condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.

Infine, le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell'autorizzazione.

Art. 43 T.U.L.P.S.: oltre a quanto stabilito dall'art. 11, non può essere conceduta la licenza di portare armi a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona

a scopo di rapina o di estorsione; a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico; a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo d'armi. La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non da affidamento di non abusare delle armi.

La giurisprudenza sulla questione

Il Tar segnala che (C.d.S. III, 11.03.2014 n. 3547) il compito discrezionale dell'Autorità di P.S. non è sanzionatorio ma è quello di prevenire abusi nell'uso delle armi, a tutela della privata e pubblica incolumità: pertanto potrebbero incidere su questo tipo di valutazione anche circostanze idonee a mostrare profili di non completa affidabilità al loro uso.

In buona sostanza, non sarebbe richiesta una particolare motivazione, ma l'esistenza dei presupposti valutativi non arbitrari.

Ebbene, visto questo orientamento, il Tar ritiene però che il potere dell'amministrazione vada esercitato nel rispetto della coerenza logica e della ragionevolezza, con un resoconto in motivazione dell'adeguata istruttoria svolta, utile a mettere in luce perché il richiedente sia ritenuto non idoneo, pericoloso o capace di abusi.

Se queste premesse sono vere, nel caso esaminato l'Amministrazione ha basato la revoca su ipotesi di generiche conflittualità familiari e le ha poste in nesso causale con la capacità di abuso delle armi.

Ora, tutto questo non è accettabile, considerato che le norme come sopra illustrate prevedono situazioni diverse in forza delle quali negare la licenza: l'unica cosa che avrebbe dovuto fare l'amministrazione era di motivare congruamente sulle circostanze di "sospetto", cosa che evidentemente è mancata, tanto più il ricorrente del caso era persona integerrima, non imputata, non violenta ecc.

Gli "assunti tautologici"

Tante volte, esaminando casi simili a quello qui in commento, ci rendiamo conto di come possa essere semplice per l'Autorità "rifugiarsi" dietro quegli assiomi tautologici, cioè dietro principi ridondanti assunti come veri solo perché ritenuti evidenti (l'assioma potrebbe essere: la presunta emersione di elementi tali da far ritenere che il richiedente non sia in possesso dei prescritti requisiti di completa affidabilità)

Il deficit istruttorio

La carenza di istruttoria nel caso analizzato è consistita essenzialmente nel fatto che sono rimaste del tutto sconosciute le vere ragioni atte a sostenere il "sospetto di abuso" nell'uso dell'arma.

Cosa fare in casi simili?

E' semplice: controllare per bene il contenuto del provvedimento di revoca del Questore e, nel caso si noti la vistosa violazione delle norme sopra richiamate e ci si accorga che sono stati travisati dall'Amministrazione i criteri guida offerti dal Consiglio di Stato, ricorrere senza indugio al Tar.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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