Il TAR del Lazio, con la sentenza n. 33285 del 9 novembre 2010, ha riconosciuto il diritto per il datore di lavoro, condannato con sentenza del Tribunale al reintegro del lavoratore licenziato, ad accedere ai documenti comprovanti la situazione retributiva e contributiva del proprio dipendente. Un datore di lavoro, condannato dal Tribunale di Bologna a reintegrare una lavoratrice licenziata nel posto di lavoro precedentemente occupato ed al pagamento in suo favore delle retribuzioni medio tempore maturate dall'intimato licenziamento
, proponeva appello avverso tale decisione e, nelle more del giudizio di secondo grado, rilevava il proprio interesse a far valere nel giudizio di appello la deduzione dell'aliunde perceptum, al fine di ripetere quanto già versato a favore della lavoratrice essendo venuto a conoscenza della prestazione di lavoro a tempo indeterminato della ex dipendente presso uno studio. Pertanto il datore di lavoro chiedeva all'INPS e alla Direzione di Bologna la possibilità di accedere ai documenti relativi alla posizione retributiva e contributiva della lavoratrice ma riceveva il diniego delle Amministrazioni motivato dalla necessità di rispettare la privacy della dipendente e dall'assenza di un interesse concreto e attuale nonché dall'estraneità del soggetto richiedente rispetto al rapporto di lavoro di cui si richiedeva informazione. Proponeva allora ricorso al TAR deducendo la violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e giusto procedimento. Il Collegio afferma che, "con riferimento all'interesse della parte ricorrente, di cui alla motivazione dei provvedimenti di diniego, va rilevato che non pare potersi porre in dubbio la particolare posizione della stessa, che concreta un attuale ed oggettivo interesse alla conoscenza dei dati inerenti alla posizione lavorativa della ricorrente al fine di vedersi ridotta la condanna al pagamento delle somme di cui alla sentenza
del giudice civile di Bologna". Sottolineano i giudici amministrativi, con riferimento a quanto specificamente previsto dal regolamento dell'Istituto - che include tra i documenti da considerarsi riservati ai sensi dell'art. 8, D.P.R. n. 352 del 1992, quelli previsti dall'allegato A, tra cui sono compresi anche i documenti inerenti all'inizio ed allo svolgimento del rapporto contributivo ed assicurativo -, che tale disposizione appare finalizzata alla tutela della posizione del soggetto più debole (il lavoratore) a fronte delle possibili "ritorsioni" del datore di lavoro. Nella fattispecie in esame, concernente la richiesta di accesso da parte della Società ricorrente - ormai cessato il rapporto di lavoro -, deve ritenersi che la previsione abbia una portata per così dire "cautelativa" di ordine generale, coerente con le previsioni del nostro ordinamento poste a tutela del lavoratore. "Di talché, la tutela della riservatezza - nella fattispecie in esame - potrà essere assicurata oscurando le parti dei documenti richiesti attinenti a dati sensibili del lavoratori eventualmente relativi ai periodi di malattia ed assenza dal lavoro per motivi familiari." Conseguentemente, il Tar dispone che debbono essere annullati i provvedimenti impugnati e, per l'effetto, deve condannarsi l'INPS (sede provinciale di Bologna) all'esibizione degli atti di cui alla domanda di accesso della ricorrente.

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