È facoltà del fisco procedere all'accertamento con un metodo induttivo determinando un'inversione dell'onere della prova

Il fisco può  ricorrere alle cosiddette "presunzioni supersemlici"  per accertare l'esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati dal contribuente.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (sentenza  n. 20897/2014) chiarendo che l'Agenzia delle Entrate ben può avvalersi di qualsiasi elemento probatorio e fare ricorso al metodo induttivo.


In tal caso le "presunzioni supersemplici" determinano un'inversione dell'onere della prova: in altri termini sarà il contribuente a dover dimostrare di aver guadagnato meno.


E non importa che la contabilità sia stata regolare perché l'ufficio può effettuare il suo calcolo anche basandosi sul consumo di energia elettrica, sulla sede in cui si trova l'azienda e su altri fattori da cui si può in qualche modo desumere il reddito.

La vicenda esaminata dalla Corte ha avuto origine da un controllo eseguito dall'agenzia delle entrate a cui aveva fatto seguito un avviso di accertamento e rettifica della dichiarazione dei redditi di una contribuente.

L'Agenzia contestava l'esistenza di maggiori ricavi sul cui ammontare provvedeva a liquidate le imposte dovute.

Il fisco aveva considerato esistenti in via presuntiva maggiori corrispettivi tenendo conto di parametri desunti dagli studi di settore oltre che da informazioni raccolte in loco.

La contribuente aveva fatto ricorso contro l'avviso di accertamento dinanzi alla commissione tributaria ed aveva ottenuto ragione sia in primo grado, sia davanti alla commissione tributaria regionale che confermava la sentenza di primo grado.

Il caso finiva dunque in Cassazione dove i giudici di piazza Cavour ha affermato però che il fisco può presumere l'esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati utilizzando qualsiasi elemento probatorio e fare ricorso al metodo induttivo avvalendosi, appunto, di presunzioni supersemplici, vale a dire, di presunzioni "prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'articolo 38, terzo comma, del d.p.r. numero 600 del 1973". 

Tali presunzioni conclude la Corte, "determinano un'inversione dell'onere della prova, ponendo a carico del contribuente la deduzione di elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante dalla somma algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall'ufficio".

Testo Sentenza Cassazione n.20897/2014

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