Il Portale si era occupato della tortuosa vicenda il 16 marzo 2010: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha, dunque, imposto, com'era auspicabile, una nuova deliberazione alle Camere, a norma dell'Art. 74, 1° comma, della Costituzione, in ordine alla legge intitolata 'Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti
, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro'; tra le pieghe del provvedimento omnibus si rinviene un assetto innovativo che delegifica il rito del lavoro. Il Capo dello Stato, in nome di quella che si va delineando come una vera scienza del diritto costituzionale, in quanto il costituzionalista e l'esperto di diritto pubblico è condizionato dalla situazione storica in cui opera ben più di qualsiasi altro ricercatore nel campo delle scienze sociali, si è dimostrato sensibile alla problematica ed è stato indotto a tale risoluta decisione dalla "estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni - con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 - che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale'. Ha, pertanto, ritenuto indispensabile, come riportato nella nota della Presidenza, 'un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un piu' chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale'. Una delle due norme del ddl Lavoro su cui si appuntano i rilievi del Presidente Napolitano concerne la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che incide sulle norme dell'Art. 18 relative al licenziamento. In particolare, l'articolo indicato nella nota del Colle prevede che già nel contratto di assunzione, derogando dai contratti collettivi, si possa stabilire che, in caso di contrasto, le parti demandino la controversia ad un arbitrato. Il timore più che fondato è che, al momento dell'assunzione, il lavoratore accetti obtorto collo la via dell'arbitrato, che lo garantisce di meno rispetto al contratto che prevede l'Art. 18 sulle tutele per chi è licenziato senza giusta causa. L'altro articolo sul quale il Quirinale ha mosso rilievi è il 20, che esclude dalle norme del 1955 sulla sicurezza del lavoro il personale a bordo dei navigli di Stato. Ad ogni modo, dagli ambienti del Quirinale si rende noto che nel comunicato sulla richiesta di una nuova deliberazione del Presidente della Repubblica alle Camere non si fa riferimento all'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori poiché le questioni sollevate riguardano la necessità di più ampi adeguamenti normativi che vanno ben al di là di quel tema specifico. La problematica dell'Art. 74 della Carta fondamentale (che testualmente recita "Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata") è tra le più interessanti per l'orizzonte del giurista e non mancherà occasione di tornare in argomento per una più compiuta illustrazione di quali siano effettivamente i poteri del Presidente della Repubblica nell'assetto costituzionale italiano.
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