L'Inps disciplina i casi particolari del reddito d'inclusione in caso di rinuncia al beneficio e di domande non accolte per sussistenza di attività lavorativa non dichiarata

di Gabriella Lax - Per il reddito d'inclusione cosa succede in caso di rinuncia al beneficio e di domande non accolte per sussistenza di attività lavorativa dipendente non dichiarata? A dare delle risposte ci pensa l'Inps, nel messaggio n. 2277 del 7 giugno 2018. Si ricorda che il reddito d'inclusione è la misura universale di contrasto alla povertà, riconosciuta, su richiesta, al nucleo familiare che abbia determinati requisiti economici e reddituali (ovvero quelli previsti nell'art. 3 del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147) ed è subordinata alla sottoscrizione, da parte dei componenti dello stesso, del progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale condiviso con i servizi territoriali, che accompagni il nucleo verso l'autonomia.

Reddito d'inclusione, casi di rinuncia

Come si fa a rinunciare al reddito d'inclusione? Affinchè la rinuncia al beneficio possa essere valida, si dovrà accertare la volontà da parte di ogni componente maggiorenne del nucleo familiare di voler rinunciare al beneficio. Quindi, l'istanza di rinuncia al beneficio dovrà essere presentata presso il Comune dove è stata inoltrata domanda del reddito e lo stesso comune procederà a verificare la volontà da parte di tutti i componenti del nucleo di rinunciare al beneficio. In caso poi di esito positivo della verifica, provvederà a darne comunicazione all'Inps.

La ratio della decisione sta nel fatto che il progetto personalizzato sottoscritto da parte dei componenti maggiorenni del nucleo familiare con il Comune di residenza non riguarda solo il titolare del reddito d'inclusione ma tutti i componenti della famiglia e stabilisce specifici impegni, regole ed obblighi da osservare nonché finalità da perseguire, per raggiungere gli obiettivi di contrasto e superamento delle condizioni di povertà che hanno giustificato la richiesta.

Domande non accolte per attività lavorativa non dichiarata

E' successo che molte richieste di accesso al Rei siano state respinte per sussistenza di attività lavorativa dipendente non dichiarata da parte di qualcuno dei componenti del nucleo familiare

al momento della presentazione della domanda. Uno dei presupposti della domanda è appunto che "nessun componente del nucleo familiare svolge attività lavorativa". Queste circostanze si sono verificate per la mancanza, nell'archivio UNILAV, della comunicazione obbligatoria di cessazione di una precedente attività lavorativa e dell'impossibilità di provvedere ad un invio tardivo della stessa, nel caso in cui il rapporto di lavoro sia risultato cessato da molto tempo, anche a causa della chiusura dell'azienda interessata dopo procedure concorsuali già concluse. Nel caso in cui ci si trovi in uno di questi casi, la Direzione Generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale del Ministero del Lavoro, con nota prot. 6223/2018, ha ritenuto che l'Istituto di previdenza possa valutare la effettiva conclusione del rapporto lavorativo, verificando la cessazione dell'attività dell'azienda del caso, valutando inoltre le informazioni dagli archivi o le documentazione presentate, facendo salva la decorrenza originaria della prestazione.


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