Una prassi finita nel mirino del Garante della Privacy, poiché considerata una violazione della riservatezza

Da oggi in poi si potrà dire addio alle ricette lasciate in farmacia o nei raccoglitori posti all'ingresso degli studi medici. Una prassi molto comoda per i pazienti - soprattutto quelli cronici che, avendo bisogno sempre della stessa prescrizione, risolvevano con una telefonata e il ritiro del documento (quando lo stesso non veniva fatto uscire dall'ambulatorio e recapitato in un luogo più vicino) - che ora è finita nel mirino del Garante della Privacy, poiché considerata una violazione della riservatezza dei dati personali.

Si tratta di una consuetudine, infatti, che per l'Authority non protegge abbastanza i pazienti visto che né una cassetta incustodita né la presenza della ricetta in farmacia possono escludere con certezza una "sbirciatina" da parte dei terzi.

Questo in teoria. Nella pratica, invece, può risultare alquanto bizzarro che qualcuno si prenda la briga di curiosare nella prescrizione di un medicinale, di una patologia o di una visita specialistica dei propri concittadini.

Ma tant'è. Dura lex sed lex.

E la Fimmg (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale) è corsa subito ai ripari, anche in vista delle verifiche della Guardia di Finanza che hanno già fatto scattare le prime sanzioni (fino a 50mila euro), avvertendo i propri iscritti di conformarsi al rispetto delle norme sulla privacy.

Ad essere consentita, sarà soltanto la consegna "brevi manu" da parte del medico e al massimo della segretaria con buona pace di chi voleva solo evitare, con un po' di buon senso, code interminabili nelle sale d'aspetto per agevolare i pazienti. 


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