Non hanno diritto al ricongiungimento familiare le coppie di fatto anche se in attesa di un bambino. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20134 depositata il 23 settembre, esito del ricorso di un cittadino extracomunitario che richiedeva il ricongiungimento familiare con la propria compagna in attesa di un bambino. L'uomo aveva proposto ricorso avverso il decreto del prefetto chiedendo che l'art. 19, comma 2, lett. d) del T.U. sull'immigrazione
(d.lgs. 286/1998) venisse interpretato in maniera "conforme ai principi enunciati dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, in modo tale da non creare contrasto tra la normativa interna italiana e quella internazionale". Chiedeva pertanto che l'art. 19 venisse interpretato "nel senso di estendere il divieto di espulsione previsto per il marito della donna in stato di gravidanza, anche al convivente more uxorio". Ma la Corte, nel rigettare il ricorso del cittadino extracomunitario, ha spiegato che il convivente non può essere considerato come "familiare" della donna in quanto tra i due esiste una semplice unione di fatto, ne una diversa interpretazione dell'art. 19 "può desumersi dagli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo o dall'art. 9 della Carta di Nizza (recepita dal Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia l'8 agosto 2008, ma non ancora da tutti gli Stati membri) in quanto tali disposizioni escludono il riconoscimento automatico di unioni diverse da quelle previste dagli ordinamenti interni, salvaguardando l'autonomia dei singoli Stati nell'ambito dei modelli familiari. (sent. sez. I, 6441/2009)". La Corte, citando anche la sentenza
13810/2004, ha quindi ribadito, che "la convivenza more uxorio dello straniero con un cittadino, ancorché giustificata dal tempo necessario affinchè uno o entrambi i conviventi ottengano la sentenza di scioglimento matrimonio dal proprio coniuge, non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione di cui all'art. 19 d.lgs. n. 286 del 1998, le quali, essendo previste in deroga alla regola generale dell'obbligo di espulsione nelle fattispecie contemplate dall'art. 13 d.lgs. cit., non sono suscettibili di interpretazione analogica
o estensiva; né, manifestamente, contrasta con i principi costituzionali la previsione (contenuta nell'art. 19 cit.) del divieto di espulsione solo per lo straniero coniugato con un cittadino italiano e per lo straniero convivente con cittadini che siano con lo stesso in rapporto di parentela entro il quarto grado, atteso che essa risponde all'esigenza di tutelare da un lato l'unità della famiglia, dall'altro il vincolo parentale e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici, che è invece assente nella convivenza mote uxorio".
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