D'ora in avanti un padre eccessivamente protettivo rischia una condanna per maltrattamenti in famiglia. E' quanto emerge da una sentenza della Cassazione che ha condannato un genitore reo di aver proibito alla figlia di frequentare ragazzi di sesso maschile. Il padre della ragazza proprio per il suo temperamento iperprotettivo consentiva alla figlia di uscire di casa solo per andare a scuola o per fare la spesa. La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 34460/2007) ha ora stabilito che i genitori iperprotettivi che giungono a vietare alle figlie la frequentazione di ragazzi di sesso maschile, possono rischiare la condanna per maltrattamenti in famiglia per violazione dell'art. 572 c.p..
Gli Ermellini, di fronte a tali abusi, hanno deciso per una linea dura escludendo che per tali ipotesi possa essere riconosciuta la misura meno grave dell'abuso dei mezzi di correzione.
Osservano infatti i Giudici che quest'ultima fattispecie presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi che, senza giungere alla violenza, si traduce in abuso a cagione dell'eccesso di arbitrarietà o intempestiva misura mentre impedire la frequentazione di ragazzi di sesso diverso, integra un comportamento talmente grave che deve essere punito con una sanzione più pesante.
La Corte sottolinea che un comportamento di questo tipo va condannato in modo più severo in quanto "non si concilia con le caratteristiche del delitto di abuso dei mezzi di correzione
e disciplina, che presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi correttivi, che e', senza attingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a cagione dell'eccesso, arbitrarieta' o intempestivita' della misura". La Corte ha dunque respinto il ricorso del padre spiegando che che "il regime di prevaricazione e violenza cui e' stata sottoposta" la ragazza con il divieto di vedere i ragazzi, "non si concilia con le caratteristiche del delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina", ma con il reato piu' grave di maltrattamenti in famiglia. Con la sentenza lo ha anche condannato al pagamento di mille euro per aver fatto perdere tempo alla giustizia.

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