La Cassazione chiarisce che la fattispecie autonoma di sfregio permanente al viso non sanziona in via esclusiva la condotta commessa nell'ambito della cosiddetta violenza domestica e di genere

Deformazione dell'aspetto: distacco del padiglione auricolare

Il caso in esame aveva riguardato la condotta lesiva posta in essere da una donna a carico di altra donna, con cui la prima aveva cagionato lesioni personali e permanenti alla seconda per aver, con un morso dell'orecchio sinistro, determinato il distacco di quasi metà del padiglione auricolare, dal quale era derivato lo sfregio permanente del viso.

La Corte d'appello di Palermo, a fronte dei suddetti fatti, aveva ritenuto integrata la responsabilità penale a carico della donna ai sensi dell'art. 583-quinquies c.p.

Avverso tale decisione, l'imputata aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

In particolare, per quanto qui interessa, la ricorrente aveva ritenuto che il Giudice di secondo grado avesse compiuto un'interpretazione contraria alla ratio legis del reato in esame, posto che la norma introdotta dall'art. 12 della legge n. 69/2019 (cd Codice rosso), era stata pensata dal legislatore "non in funzione di qualunque lesione bensì solo di quelle conseguenti a reati di violenza sessuale e domestica".

Sfregio permanente: non solo contro violenza di genere e domestica

La Corte di cassazione, con sentenza n. 7728/2024 (sotto allegata), ha rigettato il ricorso proposto e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali, ritenendo il ricorso infondato.

Il Giudice di legittimità, rispetto alla contestazione sopra evidenziata, ha anzitutto compiuto una premessa su quella che era stata la volontà del legislatore, manifestata con la suddetta novella normativa, in relazione alla condotta di deformazione e sfregio permanente del volto. In particolare, il legislatore aveva trasformato la condotta in esame da aggravante speciale in fattispecie autonoma di reato, così da sottrarre la pena all'effetto di riduzione conseguente al giudizio di bilanciamento fra circostanze, prevedendo, al contrario, una sanzione edittale più elevata, ne minimo come nel massimo edittale.

Ciò premesso, la Corte ha proseguito il proprio esame rilevando che "la norma di nuovo conio, a differenza di quanto afferma la ricorrente, non (è) disposizione esclusivamente destinata a sanzionare condotte commesse nell'ambito della cd. Violenza domestica e di genere".

Quanto detto, ha spiegato la Suprema Corte, emerge sia dal tenore letterale della norma, sia dalla sua collocazione, all'interno del Codice penale, nell'ambito dei "reati contro la persona".

Quanto al primo aspetto, la lettera della legge "non consente alcuna limitazione a tali specifici contesti, non indicando né il genere della persona offesa né tantomeno l'ambito nel quale la condotta sia maturata".

Quanto, invece, al secondo aspetto, la Corte rileva che "quando il legislatore ha voluto caratterizzare, limitando per genere o per qualità della persona offesa il delitto, lo ha fatto esplicitamente, intervenendo sulla lettera della legge, come nel caso del delitto di «Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili»".

Infine, la Corte ha affermato che, a riprova della natura comune del delitto di sfregio o deformazione permanente del viso, il legislatore ha previsto in maniera specifica e autonoma il caso in cui la suddetta condotta si verifichi nell'ambito della violenza domestica o di genere, ove, peraltro, tali elementi sono stati qualificati come circostanze aggravanti.

Ciò premesso, ha riferito la Corte "E' di tutta evidenza che la previsione di tali aggravanti, proprio per la commissione del delitto in contesto domestico o di violenza sessuale e di genere, esclude che l'art. 583-quinquies nella sua previsione di base debba applicarsi solo a tali ultime ipotesi".

In altri termini, ha proseguito il Giudice sul punto "il legislatore ha voluto punire con maggior rigore anche le condotte di deformazione dell'aspetto mediante lesioni permanenti al viso da «chiunque» commesse in danno di «alcuno», quindi si verte in tema di reato comune sia quanto all'autore che quanto alla persona offesa".

Sulla scorta di tale approfondito esame, la Corte ha concluso le proprie osservazioni in ordine al motivo di ricorso in questione, affermando che il reato di cui all'art. 583-quinqueis c.p. è reato autonomo e comune.

Scarica pdf Cass. n. 7728/2024

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