L'ultima sentenza della Cassazione su una circostanza più frequente di quanto si pensi

Reato ex art. 617 c.p.: la vicenda

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Accade piuttosto frequentemente che un genitore ascolti (e talvolta registri) le conversazioni telefoniche tra il figlio e l'altro genitore separato. Molto spesso ciò avviene in un contesto di alta conflittualità tra i coniugi, in cui uno accusa l'altro di intrattenere conversazioni che tendono - agli occhi del minore - a screditare l'altra figura genitoriale. Si rischia però di incorrere nel reato di cui all'articolo 617 c.p., per il quale "Chiunque, fraudolentemente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni". Ed è proprio l'accusa dalla quale si è dovuta difendere una donna, condannata dal Tribunale di Ancona prima, e dalla Corte di Appello della stessa città poi, proprio per aver ascoltato in viva voce e registrato le conversazioni telefoniche tra l'ex marito e la loro figlia minore.

Stato di necessità e a tutela del minore

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Gli avvocati della donna, dinanzi alla Suprema Corte, hanno sostenuto che la loro assistita non era responsabile del reato a lei ascritto in quanto - nel corso delle telefonate tra padre e figlia - anche lei interloquiva con l'ex marito, venendo quindi a mancare il carattere fraudolento dell'ascolto.

I legali hanno inoltre aggiunto che il padre aveva un comportamento aggressivo e prevaricatore e che la donna aveva, quindi, non soltanto il diritto, ma anche il dovere di impedire che il Tribunale civile accogliesse la richiesta dell'uomo di collocare presso di lui la bambina.

Tale circostanza, secondo gli avvocati, avrebbe fatto venir meno la condotta di intrusione in quanto la donna avrebbe agito in uno stato di necessità e a tutela della minore, e che pertanto si sarebbero dovuti applicare rispettivamente i dettami di cui agli articoli 54 e 51 c.p.

La decisione della Cassazione

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I Giudici della Cassazione (con sentenza n. 7470/2024 sotto allegata) hanno quindi chiarito i limiti entro i quali è possibile acquisire prove che possano, in termini ragionevoli ed alla luce del contesto, essere utilizzate a tutela dei minori.

Per consolidata giurisprudenza, l'articolo 51 c.p. non scrimina il delitto previsto dall'articolo 617 stesso codice quando l'intrusione nelle comunicazioni non è determinata da una effettiva necessità, e se tale diritto/dovere non viene esercitato in maniera funzionale al perseguimento delle finalità per cui il potere è conferito.

Ne consegue, quindi, che in assenza di tali presupposti la condotta di specie è penalmente perseguibile, anche se nella circostanza i Giudici hanno rilevato l'intervenuta prescrizione, annullando la sentenza senza rinvio per gli effetti penali.

Andrea Pedicone

Consulente investigativo ed in materia di protezione dei dati personali

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Scarica pdf Cass. n. 7470/2024

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