La persona al centro, i riscontri in merito da parte della Corte Costituzionale sull'istituto dell'amministrazione di sostegno

La persona al centro nella Costituzione

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La Costituzione, fonte primaria del nostro ordinamento, è in grado di incidere sulla legislazione poichè non si può, nel legiferare ed interpretare le norme - quindi nella concreta applicazione - non tener conto del respiro costituzionale e dunque dell' incidenza dei suoi principi sull'intero sistema normativo. La Costituzione che pone al centro la persona, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità.

Queste le premesse per poter leggere, in maniera costituzionalmente conforme, l'istituto dell'amministrazione di sostegno, introdotto da L. 6/2004.

Presupposti e finalità dell'amministrazione di sostegno

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Le disposizioni codicistiche che vengono in rilievo sono gli artt 404 e ss cc inseriti nel Libro I "Delle persone e della famiglia", Titolo XII " Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia" Capo I.

In particolare, l'art 404 rubricato Amministrazione di sostegno, ne enuclea i presupposti, testualmente dispone "La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio". Importante sottolineare che, come si evince dalla disposizione testè richiamata, l'impossibilità di attendere alla cura dei propri interessi può derivare da una qualsiasi infermità, anche non mentale, o da una menomazione fisica. La finalità dell'istituto de quo è precipuamente quella di tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire, persone prive, in tutto o in parte, di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana.

Infatti il soggetto beneficiario dell'amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire, esclusa per i soli atti individuati, nel caso concreto, che richiedono l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.

Il taglio col passato: quando ricorrere all'amministrazione di sostegno

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Pronunciatasi in merito, la Consulta già con la sentenza 440/2005 affida al giudice l'apprezzamento relativo all'individuazione dell'istituto che garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie concreta, limitando nella minore misura possibile la sua capacità, e, qualora la scelta cada sull'amministrazione di sostegno, il giudice - nel provvedimento di nomina e nelle successive modifiche, modella l'ambito dei poteri dell'amministratore in relazione allo stato personale e alle condizioni di vita del beneficiario, in sostanza alle caratteristiche peculiari del caso concreto.

In ciò, l'istituto de quo si distacca dai previgenti istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, che la dottrina più sensibile alla tematica in esame, aveva fortemente criticato, sottolineandone in merito l'inadeguatezza e la rigidità di tali meccanismi che non consentono di "diversificare" le forme di intervento a seconda delle esigenze che concretamente si manifestano, ma appaiono preminentemente volti all'esigenza di salvaguardare il patrimonio e gli interessi della famiglia di origine dell'incapace. Il taglio netto che fa la differenza è proprio questo: nell'amministrazione di sostegno, la centralità della cura e della tutela della individualità della persona. L'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato non già in base al diverso e meno inteso grado di infermità o di impossibilità di attendere alla cura dei propri interessi del soggetto carente di autonomia, quanto piuttosto nella maggiore idoneità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto. E' il giudice a dover valutare la conformità di tale misura alle predette esigenze, tenendo debitamente conto del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerato anche la gravità e la durata della malattia o dell'impedimento, nonchè di tutte le altre circostanze rilevanti che caratterizzano il caso concreto.

La possibilità di gradazione della misura in relazione alla fattispecie concreta

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Se a legittimare l'applicazione dell'istituto in esame è l'esigenza della cura della persona, è pur vero che la nomina di un amministratore di sostegno comporta comunque una potenziale limitazione di capacità del soggetto beneficiario, suscettibile di gradazione proprio in ragione dell'esigenza di tutela della persona. E' il giudice ad adeguare la misura alla situazione concreta della persona e anche a variarla nel tempo, in caso di mutamento delle circostanze concrete, in modo da assicurare all'amministrato la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione. Su questa scia, la Corte Costituzionale n. 114/2019 ha sancito che le disposizioni in materia di amministrazione di sostegno sono state interpretate in modo da valorizzare tutte le capacità del soggetto beneficiario non compromesse dalla disabilità fisica, psichica o sensoriale sicchè ogni limitazione della capacità, pur possibile, deve essere contenuta nel provvedimento di nomina del giudice tutelare e nelle successive modifiche.

La qlc relativa all'art. 3 co. 4 e 5 della legge 219/2017

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Quanto sopra esposto, è ineludibile premessa per un'ulteriore pronuncia della Consulta n 144/2019, con la quale ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'art 3 co 4 e 5 L. 219/2017 nella parte in cui prevede che l'amministratore di sostegno che abbia la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (di seguito DAT) possa rifiutare, senza l'autorizzazione del giudice tutelare, le cure necessarie al mantenimento in vita dell'amministrato. In via preliminare, con la legge de qua ogni persona, in previsione di una propria futura incapacità di determinarsi, può esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonchè il consenso o il rifiuto rispetto a scelte terapeutiche e a singoli trattamenti. L'art 3 reca la disciplina applicabile nel caso in cui la persona non sia capace di agire perchè minore, interdetta, inabilitata ovvero beneficiaria di amministrazione di sostegno. Tale normativa però non disciplina "le modalità di conferimento, all'amministratore di sostegno, e di conseguente esercizio dei poteri in ambito sanitario" che restano regolate dagli artt 404 cc. Il che significa che è il giudice tutelare che, con il decreto di nomina, individua l'oggetto dell'incarico e circoscrive gli atti che l'amministratore potrà compiere, anche in ambito sanitario, sulla base delle necessità concrete del beneficiario, stabilendone l'estensione nel solo interesse di quest'ultimo; ben potendo modificare i poteri conferiti all'amministratore anche in un momento successivo alla nomina, tenendo in debito conto, ove mutassero le condizioni di salute, delle sopravvenute esigenze del beneficiario. Il conferimento della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario non comporta -anche e necessariamente- il potere di rifiutare i trattamenti necessari al mantenimento in vita, ma spetta al giudice attribuire all'amministratore di sostegno tale potere, laddove ne ricorra concretamente l'esigenza, posto che in base alla patologia riscontrata, potrebbe manifestarsi l'esigenza di prestare o negare il consenso a trattamenti sanitari di sostegno di vitale. Viene negata l'incostituzionalità delle norme richiamate proprio sull'assunto che si limitano a disciplinare il caso in cui l'amministratore di sostegno abbia ricevuto anche tale potere.

In definitiva, un istituto dal "volto umano", dove al centro è la persona e l'esigenza che venga adeguatamente tutelata, tenendo conto dei suoi bisogni.


Antonia De Santis

email antonia.desantis90@gmail.com


Foto: 123rf.com
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