Per la Cassazione, ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio si considerano anche i redditi della convivente

Gratuito patrocinio e redditi

La Cassazione ricorda che ai fini dell'ammissione al gratuito patrocinio si considerano anche i redditi del convivente (ordinanza n. 18134/2023 sotto allegata).

Nella vicenda, veniva contestata la revoca dell'ammissione al beneficio, disposta in via anticipata e provvisoria dal locale Consiglio dell'Ordine Forense, in quanto secondo il ricorrente, i redditi non andavano sommati a quelli prodotti dalla sua ex compagna di vita, emergendo dagli atti che il rapporto di convivenza fra i due era già cessato da tempo e che il loro legame affettivo "risultava chiaramente venuto meno anche de facto".

Per gli Ermellini, tuttavia, la censura è priva di fondamento.

Ai sensi dell'art. 76, comma 2, D.P.R. n. 115 del 2002, chiariscono preliminarmente, "se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito da tenere in considerazione ai fini dell'ammissione al beneficio del gratuito patrocinio è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante".

Si è già chiarito, inoltre, che la locuzione "componente della famiglia" ha una sua specifica pregnanza, "avendo il legislatore voluto tenere conto della capacità economico-finanziaria di tutti coloro che, per legami giuridici o di fatto, comunque concorrono a formare il reddito familiare del soggetto richiedente il beneficio; e ciò in quanto non sarebbe conforme ai principi costituzionali di solidarietà, di equa distribuzione e di partecipazione di ogni cittadino alla spesa comune attraverso il prelievo fiscale il fatto di gravare i contribuenti del costo della difesa di chi può fruire dell'apporto economico dei vari componenti il nucleo familiare, ancorché il suo reddito personale gli consenta di accedere al beneficio".

Pertanto, deve "ritenersi costituzionalmente orientata l'interpretazione della norma che considera 'familiari' non soltanto coloro i quali sono legati all'istante da vincoli di consanguineità o comunque giuridici, ma anche quanti convivono con lui e contribuiscono al menage familiare".

Coerente con tale impostazione è l'ormai consolidato orientamento di legittimità che ritiene vadano computati anche i redditi del convivente more uxorio (Cass. Civ. n. 4975/2022, Cass. Pen. 109/2005, Cass. Pen. 19349/2005, Cass. Pen. 13265/2004), in linea con la significativa evoluzione sociale, normativa e giurisprudenziale che ha portato al riconoscimento della famiglia "di fatto" quale situazione avente rilevanza giuridica.
È stato, inoltre, precisato, proseguono dal Palazzaccio, "che, in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il rapporto di convivenza familiare, essendo caratterizzato da continuativi rapporti di affetto, da costante comunanza di interessi e responsabilità, e dunque da un legame stabile e duraturo, prescinde dalla coabitazione fisica e non può ritenersi escluso dallo stato di detenzione, pur protratto nel tempo, di uno dei componenti del nucleo familiare, il quale, pertanto, anche in una siffatta ipotesi, non può omettere di indicare, nell'istanza di ammissione, il reddito dei familiari conviventi" (cfr. Cass. Pen. 15715/2015, Cass. Pen. 17374/2006).

Alla stregua di tali premesse, il Tribunale ha correttamente tenuto conto anche dei redditi prodotti dalla donna che all'epoca dei fatti conviveva con il ricorrente, in mancanza di prova della cessazione del rapporto di convivenza.

Scarica pdf Cass. n. 18134/2023

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