Uno scritto di Stefano Sylos Labini in previsione del convegno di Bruxelles - 1 giugno 2023 h.9:30 - intitolato "Diritto degli Stati a utilizzare i crediti fiscali quale strumento di politica economica nazionale"

Presso la sala Spaak 7C50 del Parlamento Europeo di Bruxelles si celebrerà un importante convegno sul diritto degli Stati a utilizzare la moneta fiscale quale strumento di politica economica nazionale. Nel sontuoso parterre degli illustri relatori figura anche il "nostro" Stefano Sylos Labini insieme a molti altri protagonisti come Alfonso Scarano, Domenico Passarella, Enrico d'Elia, Mario Tiberi, Roberto Schiattarella, Luigi Benigno, Antonio Tanza, Armando Pugno, Vincenzo Somma, Pintilie Catalin. Porterà i il suo indirizzo di saluti il deputato Angelo Ciocca del Gruppo Identità e Democrazia, in Italia Lega. Si tratta di una delle tematiche per le quali questa rubrica si è sempre spesa: la Moneta Fiscale. Ecco alcuni spunti che ci offre il caro Stefano, da tradurre in proposte congressuali.

Buona lettura!

Arrivano i bombardieri

Stefano Sylos Labini*

Per distruggere la cessione dei crediti fiscali per l'edilizia sono scesi in campo i pezzi da novanta della tecnocrazia nazionale: il direttore generale delle Finanze Giovanni Spalletta, il direttore generale del Tesoro Riccardo Barbieri e il Ragioniere Generale dello Stato Biagio Mazzotta seguiti poi dall'audizione di Istat. Il governo e la tecnocrazia dunque sono impegnati al massimo per affossare definitivamente la cessione dei crediti fiscali, uno strumento che ci consente di finanziare l'economia evitando di chiedere soldi in prestito sui mercati finanziari.

Ora la pressione sulle truffe si è un po' attenuata: l'attenzione è sullo sfascio dei conti pubblici. Secondo il MEF il costo eccede di gran lunga il beneficio prodotto dalla crescita dell'economia.

Nei modelli di Via XX Settembre il moltiplicatore degli investimenti si avvicina a uno (un euro di Pil per ogni euro di spesa/detrazione) ma il ministero ritiene che il 51% delle spese realizzate con il superbonus sarebbero state effettuate anche senza, dunque l'impatto effettivo si riduce della metà. E' curiosa la stima del 51%: una precisione millimetrica che cozza contro le analisi dell'Associazione Nazionale Costruttori secondo cui nel biennio 2019/2020 precedente alla cessione del credito erano stati ristrutturati solo 5.800 edifici, mentre nel biennio 2021/22 sono stati ristrutturati 354.000 edifici.

In merito al moltiplicatore, l'ipotesi più coraggiosa elaborata da Istat lo fa salire a 1,3 ma per non costare nulla la misura avrebbe bisogno di un moltiplicatore uguale a 2. Nomisma e Ance avevano stimato un moltiplicatore intorno a 3: la questione deve essere approfondita perché non è concepibile che possano uscire fuori numeri così diversi.

Dunque i numeri sfornati dai tecnocrati sono a dir poco discutibili. Ciò che ad oggi non può essere messo in discussione è che nel biennio 2020/22 il rapporto debito/Pil si è ridotto di 10 punti percentuali scendendo dal 155 al 145%: finora lo sfascio dei conti pubblici nessuno lo ha visto.

Naturalmente questi fatti sono ignorati dai tecnocrati che puntano l'attenzione sul futuro e in particolare sul periodo 2023-2026 quando si dovrebbe materializzare tutto l'impatto negativo dei crediti fiscali del settore edilizio: l'utilizzo in compensazione dei crediti fiscali emessi produrrà minori entrate che dovranno essere coperte con l'emissione di titoli del debito pubblico per circa 45 miliardi di euro.

Nessuno nega che uno scenario così negativo non si possa verificare. Anzi le probabilità aumentano con il passare del tempo. L'impossibilità di monetizzare i crediti per i blocchi alla circolazione messi in campo dai governi Draghi e Meloni stanno spingendo al ribasso la crescita dell'edilizia e dei settori ad essa collegati. OICE - l'Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica - ha sottolineato i problemi derivanti dal blocco delle cessioni dei crediti edilizi e, riprendendo un'analisi di ANCE, ha stimato un impatto molto pesante con 32.000 imprese fallite e 170.000 disoccupati in più nel settore delle costruzioni, che raddoppiano se si considera l'indotto.

Da qui nascono le potenziali minori entrate che non permetteranno di compensare gli sconti fiscali che giungono a scadenza. Ma questa tragica eventualità non deve essere ascritta al meccanismo di cessione dei crediti fiscali bensì al governo di centrodestra, supportato dalle strutture tecniche, che sta ostacolando la monetizzazione dei crediti fiscali non liberalizzando pienamente gli scambi e non attivando le partecipate pubbliche nell'acquisto dei crediti incagliati.

A questo si aggiunge la beffa della proroga del superbonus nelle aree alluvionate senza che ci siano interventi per sbloccare la cessione dei crediti fiscali: il governo mantiene l'incentivo ma impedisce di usarlo.

La netta sensazione dunque è che il governo stia puntando al peggio proprio per dimostrare il fallimento della cessione dei crediti fiscali, una misura che evidentemente non piace ai mercati finanziari che governano l'Italia con il ricatto del debito. La situazione è preoccupante mentre i costi per ristrutturare le zone alluvionate saranno altissimi e la direttiva europea sulle case green procede a passi spediti cogliendo l'Italia del tutto impreparata.

*Gruppo Moneta Fiscale

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