Per i giudici del Palazzaccio, se la madre da sola non riesce a mantenere la figlia minore e il padre non adempie, spetta ai nonni paterni contribuire

Mantenimento ascendenti

Così ha disposto la Cassazione con l'ordinanza n. 13345/2023 (sotto allegata), pronunciandosi sulla vicenda della madre di una minore, della quale la stessa aveva l'affidamento "super esclusivo", che aveva presentato ricorso nei confronti degli ascendenti paterni per ottenere il pagamento del contributo al mantenimento della figlia.

La donna esponeva che, con la sentenza di separazione, era stato posto a carico del padre un contributo di 350 euro al mese rimasto inadempiuto per anni al punto che l'uomo era stato condannato ex art. 570 c.p. per essersi sottratto agli obblighi, rendendosi di fatto irreperibile.

Il Tribunale aveva accolto le sue richieste emettendo decreto a carico dei nonni, i quali proponevano appello che veniva respinto dalla Corte di Milano, la quale rilevava che "l'obbligo di mantenimento del padre sussiste a prescindere dalla capacità della madre di produrre reddito e i nonni sono stati chiamati in surroga per le obbligazioni del padre nei confronti della minore; l'obbligo del padre al mantenimento della figlia è un fatto positivo e non controverso e altrettanto dicasi per l'inadempimento di quell'obbligo; che l'inadempimento volontario rende operativa la previsione della norma sul dovere degli ascendenti; che è adeguata la misura del contributo, posto che entrambi gli ascendenti hanno proprietà immobiliari e sono titolari di trattamenti pensionistici".

Avverso la sentenza d'appello, i nonni paterni adivano quindi il Palazzaccio lamentando che l'obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente e integralmente ai genitori e che l'obbligo degli ascendenti ha natura subordinata e sussidiaria, nel senso che non ci si può rivolgere agli ascendenti per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei genitori non contribuisca al mantenimento dei figli; che peraltro nella specie non vi era prova alcuna che la madre avesse esperito nei confronti del genitore inadempiente i rimedi che la legge consente, in primo luogo il pignoramento dei beni o dei conti bancari poiché la Corte aveva fatto riferimento soltanto a continui trasferimenti del padre che si era di fatto reso irreperibile".

Per la Suprema Corte, la coppia ha torto.

E' vero che la corte milanese espone argomentazioni non condivisibili, afferma la S.C., laddove sostiene che gli ascendenti sono chiamati in surroga per le obbligazioni del padre.

L'art. 316 bis c.c., infatti, ricorda la Cassazione, "che riproduce il testo del previgente articolo 148 c.c. dispone infatti che quando i genitori non hanno mezzi sufficienti gli altri ascendenti in ordine di prossimità sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. Ciò rende evidente che non si tratta di 'surroga' ma di responsabilità sussidiaria, nel caso in cui le esigenze complessive dei minori non vengano soddisfatte per intero da parte dei soggetti obbligati in via principale e cioè i genitori".

Il collegio ribadisce quindi il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale "l'obbligo di mantenimento dei figli minori ex art. 148 c.c. spetta primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o non voglia adempiere al proprio dovere, l'altro, nel preminente interesse dei figli, deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e sfruttando tutta la propria capacità di lavoro, salva la possibilità di convenire in giudizio l'inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle condizioni economiche globali di costui.

Pertanto, l'obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli - che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori - va inteso non solo nel senso che l'obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l'altro genitore è in grado di mantenerli" (cfr. Cass n. 10419/2018).

Tuttavia, concludono gli Ermellini, pur se la sentenza impugnata è - in parte - censurabile in relazione alla motivazione in diritto, è però conforme a diritto il dispositivo, in quanto la Corte ha sottolineato sia il reiterato inadempimento da parte del padre, la complessiva condizione della madre che non ha mezzi sufficienti a provvedere al mantenimento della minore e la sussistenza dei presupposti per ritenere l'obbligo degli ascendenti, in ragione delle loro condizioni economiche.

Per cui, nonostante l'errore motivazionale, la Corte ha stigmatizzato il comportamento del padre, non solo elusivo, ma anche doloso, posto che egli è stato condannato in sede penale, e che restando di fatto irreperibile - è venuto meno non solo a doveri di mantenimento ma anche a quelli di cura educazione ed istruzione che di conseguenza gravano per intero sulla madre, capace di una produzione reddituale inadeguata al mantenimento dei minori.

Da ciò consegue che le esigenze di vita della minore non possono essere soddisfatte solo dalla madre, e pertanto i nonni sono tenuti al loro contributo.

Ne consegue il rigetto del ricorso, ma la sentenza non è cassata: ne viene disposta la correzione della motivazione ex art. 384, ultimo comma, c.p.c. e in ragione dell'intervento correttivo le spese del giudizio di legittimità sono compensate.

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