Possono le direttive della Commissione Europea avere valenza cogente per le nazioni che hanno sottoscritto il testo istitutivo della Comunità Europea?

La Commissione Europea emana, di tanto in tanto, delle "direttive". Disposizioni cioè alle quali ritiene di attribuire valenza cogente per le nazioni che hanno sottoscritto il testo istitutivo della sèdicente Comunità Europea.

Possono, tali "direttive" avere realmente tale efficacia?

L'interrogativo sorge spontaneo dalla immediata osservazione che la Commissione è del tutto priva di legittimità popolare. Si tratta cioè di un gruppo estemporaneo di personaggi nominati, non eletti.
In altri termini, non è rintracciabile alcun collegamento tra la volontà della Commissione e la volontà del popolo che, peraltro, in materia di norme vigenti sul territorio italiano, è determinante e decisiva secondo la nostra Costituzione.
Come sappiamo, l'art. 1 di questa statuisce infatti, in conformità con il carattere democratico delle istituzioni realizzate, che la sovranità appartiene al popolo.
Sovranità significa potere indipendente da qualsiasi altro potere: una plenitudo potestatis originaria e indipendente.
Civitas sibi princeps diceva Bartolo da Sassoferrato, significando pienezza e indipendenza da ogni altro potere, ovvero da ogni altra persona giuridica esistente al suo esterno. E garanzia, al contempo, dei diritti individuali dei singoli membri della collettività.
La Costituzione sottilinea, nel testo citato, che la sovranità è esercitata, sul piano pratico, da organi democraticamente eletti: fonte giuridica e politica della potestà di governo è la collettività popolare.
La Costituzione prevede altresì (art. 11), che possano essere stabilite limitazioni alla stabilita sovranità in funzione della realizzazione di un ordinamento internazionale che "assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni".
E' necessario che senso e portata di questo concetto siano approfonditi in quanto possibile matrice di errori interpretativi.
Innanzitutto, è da tenere presente un dato di base: queste limitazioni debbono comunque essere decise e approvate dal popolo in una sorta di pactum subjectionis.
Secondo ed essenziale punto: queste restrizioni, come effetto della adesione a organismi internazionali, possono avere riguardo solo ad una ben precisa area di materie. Esclusivamente quelle attinenti ai rapporti fra Stati.
Rimane dunque una sfera esclusiva di competenza nazionale (il c.d. Dominio Riservato) che riguarda tutto ciò che rientra nella competenza interna (il Domestic Jurisdiction, che è esplicitamente previsto all'art. 15 del Covenant della Società delle Nazioni.
Questo riferimento è stato ribadito dalla Corte Permanente di Giustizia Internazionale che, già nel 1923, ha escluso limitazioni nelle materie non disciplinate dal Diritto internazionale, vale a dire la legislazione interna degli Stati.
Anche la Carta delle Nazioni Unite (art. 2) è sul punto molto esplicita, dove esclude formalmente dal novero delle limitazioni provenienti da accordi internazionali tutte le "questioni che appartengono esclusivamente alla competenza interna di uno Stato".
E' pertanto un errore assoluto, sia sul piano dei principi più elementari, sia su quello strettamente giuridico, considerare quali "norme" valide nel nostro Paese le "direttive" emanate dalla Commissione europea sulla base dei Patti europei (erroneamente definiti "Trattati").
Naturalmente la Commissione nuota nell'ambiguità ed esonda largamente, occupandosi di tematiche appartenenti proprio alla competenza interna degli Stati come è il caso, da ultimo, delle direttive sul risparmio energetico degli edifici (a tutto beneficio, al solito, di una certa area del mondo degli affari).
E' altresì da rilevare che ritenere norme valide in Italia le esternazioni della Commissione europea significa, ed è particolarmente grave, dimenticare che ciò significherebbe abrogare di fatto la Costituzione italiana dove essa statuisce che la sovranità appartiene al popolo.
Prescindendo dalla circostanza fondamentale che la modifica della Costituzione può essere realizzata soltanto mediante il preciso percorso formale previsto, la dichiarazione relativa alla sovranità popolare è l'elemento fondante di tutto il testo: il concetto di base sul quale è costruito il sistema istituzionale e l'insieme delle garanzie previste.
Vano sarebbe richiamare l'adesione data dal governo al documento che costruisce una entità sovranazionale fasulla, che si autoattribuisce poteri sovrani sulle Nazioni aderenti. Il governo (e il Parlamento stesso), non può disporre di poteri che non ha, non può modificare per tal via la Costituzione e non può togliere la libertà al popolo.
Potrebbe essere solo il popolo stesso, in uno slancio masochistico, a spossessarsi della autonomia, libertà e indipendenza e dichiarare di voler essere asservito ad una entità esterna. Una enormità neppure immaginabile.
In conclusione, appare del tutto evidente che le esternazioni della Commissione europea non possono in alcun modo entrare nel nostro ordinamento giuridico e che la Magistratura deve semplicemente ignorarle.
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