La Cassazione chiarisce che perché sia compiuta la vocatio in ius va rinnovata la notifica dell'avviso di citazione se è accertata la mancata conoscenza dell'imputato

Effettiva conoscenza della vocatio in ius

Perché sia compiuta la vocatio in ius va rinnovata la notifica dell'avviso di citazione in giudizio se è certa la mancata conoscenza da parte dell'imputato. Lo ha detto la Cassazione nella sentenza n. 15752/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, la Corte d'appello di Ancona confermava la condanna nei confronti dell'imputato per i reati di cui agli artt. 582-583-585 c.p.

L'uomo, tramite il difensore di fiducia, adiva il Palazzaccio, deducendo, tra l'altro, l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità nonché l'omesso, erroneo, accertamento circa l'effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato e la violazione dell'articolo 420 del codice di rito. Invero, eccepiva che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare veniva notificato ex articolo 157 c.p.p. all'imputato a mezzo del servizio postale per compiuta giacenza del plico, per cui, asseriva, "tale modalità di notifica impone al giudice dell'udienza preliminare un'attenta verifica dei presupposti necessari a considerare come effettivamente conosciuto dall'imputato il procedimento che lo vede coinvolto, presupposti indicati dal primo e dal secondo comma dell'articolo 420-bis c.p.p.; ciò al fine di poter procedere ad una corretta declaratoria di assenza dello stesso". Deduceva, inoltre, l'omessa rinnovazione nelle forme previste dall'articolo 420-quater c.p.p. della notifica dell'avviso ex articolo 419 c.p.p. di fissazione dell'udienza preliminare, e la conseguente nullità del decreto che dispone il giudizio e della sentenza di primo e secondo grado.

Per i giudici di piazza Cavour, il ricorso è fondato.

Posto che dagli atti non vi è prova dell'effettiva conoscenza del giudizio da parte dell'imputato, "sussiste, invero, l'obbligo di provvedere alla rinnovazione della citazione a giudizio attraverso la polizia giudiziaria, nonostante la regolarità formale della notifica, quando sia certo che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza della 'vocatio in ius', certezza che non può essere collegata alla procedura di compiuta giacenza".

Per espressa disposizione dell'art. 420-ter c.p.p., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, ricordano infatti i giudici, "il processo è celebrato in absentia quando l'imputato ha espressamente rinunciato ad assistervi (primo comma), nonché quando 'nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo' (secondo comma). Fuori di tali casi, 'se l'imputato non e' presente il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria' (art. 420/quater)".

La ratio di tali disposizioni, affermano quindi gli Ermellini, "è evidente: è consentito il processo in absentia quando vi sia la certezza che l'imputato ha avuto conoscenza della vocatio in iudicium. Al di fuori di tali casi deve essere rinnovata la notificazione - anche se quella già effettuata è formalmente regolare - attraverso la polizia giudiziaria, per ragioni prudenziali".

Ciò non è avvenuto nel caso di specie e tanto impone l'annullamento della sentenza impugnata e di quella di primo grado, senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Macerata per l'ulteriore corso, che dovrà avere inizio con la fissazione di nuova udienza preliminare, essendo la nullità delle sentenze di primo e secondo grado una conseguenza della nullità dell'udienza preliminare.

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