Per la Cassazione, il difensore d'ufficio ha diritto anche al rimborso delle spese, diritti ed onorari per le procedure di recupero del credito non andate a buon fine

Rimborso spese recupero credito

L'avvocato d'ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto anche al rimborso di spese, diritti e onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine. Lo ha chiarito la Cassazione (con l'ordinanza n. 7275/2023 sotto allegata) accogliendo il ricorso di un avvocato, il quale, difensore d'ufficio in un procedimento penale, proponeva opposizione contro il decreto di liquidazione emesso dal magistrato procedente, lamentando l'omessa liquidazione delle spese e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine.

Per la II Sezione civile della Suprema Corte il legale ha ragione: "il difensore d'ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedura di recupero del credito non andate a buon fine. Tale principio, infatti, risulta del tutto coerente cn la lettera dell'art. 116 Dpr n. 115/2002 e con la sua stessa ratio, poiché l'estensione della liquidazione anche ai compensi e agli esborsi resisi necessari per la conseguente procedura esecutiva, ancorché rimasta infruttuosa, si giustifica per riferirsi strumentalmente e funzionalmente ad una precedente attività professionale comunque resa (anche) nell'interesse dello Stato" (cfr. Cass. n. 40073/2021).

E' stato anche chiarito ricorda la Cassazione che in tema di patrocinio a spese dello Stato, "il difensore d'ufficio non può ottenere la liquidazione dell'onorario a carico dell'erario senza dimostrare di aver effettuato un vano e non pretestuoso tentativo di recupero (nella specie attraverso l'emissione del decreto ingiuntivo

, l'intimazione dell'atto di precetto ed il verbale di pignoramento immobiliare negativo), ma non è tenuto a provare anche l'impossidenza dell'assistito, che si risolverebbe in un onere eccessivo e non funzionale all'istituto della difesa d'ufficio" (Cass. n. 8359/2020).

Occorre, inoltre, tenere conto della regola secondo cui "In tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato

, il giudice di cui all'art. 15 del Dlgs 150/2011 ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione 'può', contenuta in tale norma, essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere causa cognita, senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova" (Cass n. 23133/2021).

Dai principi affermati, dunque, consegue il duplice errore in cui è incorso nel caso di specie il giudice dell'opposizione il quale investito della richiesta di rimborso da parte del difensore d'ufficio, comprensiva degli onorari, "invece di assumere posizioni di principio, avrebbe dovuto verificare se il difensore avesse dimostrato di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali; e dinanzi al dubbio sulla sufficienza della prova richiesta avrebbe dovuto fare uso dei poteri accordati dall'art. 15 del Dlgs 150/2011".

Per cui, l'ordinanza impugnata va cassata con rinvio per nuovo giudizio sulla base degli affermati principi.

Scarica pdf Cass. n. 7275/2023

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