Lo stato di perdurante e grave turbamento, ansia e paura è ricavabile dalle dichiarazioni che vengono rese dalla persona offesa del reato di atti persecutori e dai comportamenti assunto a causa della condotta dell'agente

Stalking per attacchi di panico

Con la sentenza n. 6323/2023 (sotto allegata) la Cassazione afferma la sussistenza del reato di stalking se la vittima, a causa degli atti persecutori messi in atto nei suoi confronti, accusa attacchi di panico e soffre di ansia. Vediamo le motivazioni di questa decisione e la vicenda che ne è a monte.

La Corte di appello riqualifica la forma tentata del reato di atti persecutori nella forma consumata nei confronti dell'imputato, determina così la pena in un anno e due mesi di reclusione e conferma la somma liquidata dal giudice di primo grado a titolo di risarcimento del danno.

Nel ricorrere in Cassazione contro detta sentenza il difensore dell'imputato contesta l'addebito nelle forma consumata del reato di atti persecutori in quanto la Corte di Appello, a suo dire, avrebbe ritenuto sussistenti erroneamente due eventi del reato ossia il cambiamento delle abitudini di vita della vittima e il grave stato di ansia accusato dalla persona offesa. Condizione questa che non collima con il miglioramento del rendimento universitario della vittima e con foto che la ritraggono sorridente e serena.

Le critiche del difensore però non convincono la Cassazione, che rileva l'infondatezza del motivo sollevato.

Per gli Ermellini i fatti non sono contestabili alla luce del racconto coerente e lineare della vittima, confermato dai testimoni e in parte dall'imputato.

Per quanto riguarda gli eventi di reato la Cassazione ritiene provato il cambiamento delle abitudini di vita della vittima a causa delle condotte persecutorie dell'imputato. La stessa ha infatti cambiato numero di telefono, ha evitato di recarsi in posti che potevano essere frequentati dell'ex e ha iniziato a farsi accompagnare nelle sue uscite.

Il giudice di appello ha ritenuto provato lo stato di ansia della vittima, colpita da veri e propri attacchi di panico e da pensieri suicidari.

Come afferma del resto consolidata giurisprudenza "la prova dell'evento del delitto di atti persecutori, in riferimento alla causazione nella persona offesa

di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente e anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata."

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Scarica pdf Cassazione n. 6323/2023

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