L'educazione sessuale declinata come elemento fondamentale dell'educazione in generale e aspetto naturale della vita in famiglia
Si parla tanto di educazione sessuale dei bambini, a cominciare dalla scuola dell'infanzia. In realtà sono gli adulti quelli che hanno bisogno di educazione sessuale, perché i bambini conoscono il linguaggio dell'amore, ovvero della vita e della corporeità a cominciare dall'aggressività loro connaturale.

Il bioeticista Paolo Marino Cattorini scrive: "Il desiderio erotico esige di essere percepito, interpretato, addomesticato e riplasmato alla luce dei valori che guidano la nostra esistenza. Altrimenti le inclinazioni degenerano: diventano bramosie rapinose, predatrici, violente, pornografiche. Chi usa l'altro per trarne vantaggi segreti, chi strappa piaceri egoistici, evade dalla prossimità. Non si prende cura dell'amato, ma lo strumentalizza". L'educazione sessuale non è materia scolastica ma materia fondamentale e trasversale di vita personale, intrapersonale e interpersonale, ovvero per vivere e stare meglio con se stessi, in se stessi e con gli altri. Le relazioni interpersonali e soprattutto sentimentali (e conseguentemente sessuali) non si provano, ma fanno provare sensazioni che, spesso, sono chiare dal primo approccio ma sottovalutate (trascinandosi sino ad esiti, talvolta, drammatici). Si percepisce l'intesa con l'altro anche con poco e in poco, quindi è inutile e deleterio cimentarsi e invischiarsi in relazioni "prive di incastro" sin dall'inizio. Qualsiasi relazione con l'altro non è e non può essere né un ripiego né un riempitivo per porre rimedio al proprio insoddisfacente stato civile, economico o esistenziale, ma deve essere il meglio per sé e per l'altro, altrimenti vengono meno dignità e felicità, binomio di vero e prospero completamento. Solo adulti con buone competenze relazionali e comunicative possono trasmettere una buona educazione relazionale e sentimentale, prima ancora che sessuale.

Quando si ama e l'altro non lo sa, c'è qualcosa che non va. L'io ed il tu devono diventare continuamente "noi": in amore nulla può essere contato e nulla deve essere scontato. Nella coppia è fondamentale la comunicazione, ancor prima e di più dell'intesa sessuale: così si trasmette anche la giusta educazione sessuale e sentimentale ai figli e alle nuove generazioni.

Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni spiega: "Siamo perlopiù silenziosi, incapaci di comunicare sull'amore, sul sesso, sul corpo e sui sentimenti se non attraverso le banalità dei luoghi comuni o delle barzellette, oppure attraverso il linguaggio dei permessi e dei divieti. Per troppi genitori la massima preoccupazione resta che le figlie adolescenti rimangano incinte. Tutto il resto non conta. Nell'afasia generale, è troppo semplice demandare all'educazione affettiva e sessuale nelle scuole, peraltro fatta così poco e in modo occasionale. Molto più difficile è imparare a parlare della nostra sessualità. Che non vuol dire raccontare quello che accade nei nostri letti, ma pensare a quali incontri siamo (o siamo stati) capaci nella nostra vita. A quanto abbiamo capito del volere bene a un altro, dello scambiare gesti che esprimano questo legame vivo e profondo.

A quali difficoltà siamo andati incontro. Per essere ancora una volta testimoni verso i nostri figli e non solo dispensatori di consigli o, peggio, moralisti astratti". L'educazione sessuale in famiglia non si basa su lezioni, indicazioni o prescrizioni, ma su esempi con la vita di coppia e nella quotidianità, come per esempio conversazioni su immagini di film o altro. La sfera sessuale afferisce alla salute, alla personalità, alle relazioni, alle emozioni, alla vita quotidiana, alla felicità personale e interpersonale e si ha diritto alla felicità. I genitori, pertanto, hanno una grossa responsabilità: "La responsabilità di allevare il fanciullo e di garantire il suo sviluppo incombe in primo luogo ai genitori o, all'occorrenza, ai tutori" (art. 18 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia).

Alberto Pellai, psicoterapeuta dell'età evolutiva, afferma: "[...] fare prevenzione primaria dell'abuso sessuale con i nostri figli è possibile. Significa aiutarli a comprendere che i loro organi genitali sono una parte intima e privata e che nessuna persona ha diritto di chiedere a un minore di avervi accesso, di poterla guardare e toccare. Insegnare a un bambino, già da quando è piccolissimo, la regola: «I tuoi genitali sono tuoi e soltanto tuoi. Nessuno te li può toccare e nessuno ti può chiedere di mostrarglieli» significa fornirgli un riferimento chiaro per comprendere che, qualora dovesse succedere che una persona più grande vuole agire in questo senso, lui ha il diritto di dire no, andare via e dirlo immediatamente a un adulto di fiducia". L'educazione sessuale deve significare educare innanzitutto al rispetto di sé e a farsi rispettare.

Pellai aggiunge: "Per una buona educazione affettiva e sessuale i bambini hanno bisogno di avere al proprio fianco adulti consapevoli e competenti. Un adulto spaventato è anche spaventante e non è di alcun aiuto a chi sta crescendo". L'educazione sessuale non è una disciplina scolastica ma una disciplina di vita. Educazione sessuale è, per esempio, "tras-mettere" che ogni rapporto sessuale, sin dal primo, non è solo darsi nel corpo ma dare del proprio mondo, che non è un fatto che succede per rispondere ad un istinto o per soddisfare un bisogno ma è un atto che si compie con volontà e che, in caso contrario, diventa violenza. Un atto che comporta il rischio o la gioia del concepimento di un figlio da considerare consapevolmente e non da sottovalutare "tanto ci sono la pillola del giorno dopo e l'aborto farmacologico". Uno degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è "[…] garantire l'accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare, l'informazione, l'educazione e l'integrazione della salute riproduttiva nelle strategie e nei programmi nazionali" (obiettivo 3.7).

Il pedagogista Daniele Novara precisa: "Il termine masturbazione non è appropriato quando si parla di bambini. È una forma di gratificazione che i piccini mettono in atto dal quinto anno di vita. In genere si strofinano il pube, con le mani o su una superficie, ma ha poco a che vedere con l'autoerotismo degli adulti. È innanzitutto una forma di scoperta del corpo. Serve ai bambini per acquisire padronanza del corpo e delle zone più sensibili. A volte inizia prima dei 5 o 6 anni ed è assolutamente normale che avvenga. A questa età trovano gratificante «giocare» con tutto il corpo, non solo coi genitali. Tutto il corpo infantile è ad alta intensità erogena. Soltanto da adulti si perde tale sensibilità e il piacere erotico si concentra sull'area genitale". Sessualità è conoscersi e conoscere, esperire e relazionarsi, sensibilità e sentimenti. Contribuisce allo svolgimento della personalità (art. 2 Cost.), alla libertà personale (art. 13 Cost.), alla salute (art. 32 Cost.). Per questo è importante un'adeguata educazione sessuale che è da intendersi soprattutto come vita relazionale a cominciare dalla naturalezza della coppia genitoriale e della famiglia.

"[…] nella gran parte dei casi la masturbazione infantile viene praticata nel lettino, di notte, in riservatezza - soggiunge Novara -. Ed è giusto che sia così. Se ne parla soltanto quando il bambino si tocca in pubblico. Sgridare, impedire, colpevolizzare sono mortificazioni irragionevoli. Più che dare ordini, è fondamentale stabilire regole. Il bambino o la bambina possono toccarsi in camera loro, in un contesto di totale privacy. Alcuni lo fanno in pubblico, perché non hanno ancora introiettato tutte le regole sociali. È compito dei genitori trasmetterle: così come non si gira nudi per strada, non ci si tocca in pubblico". La cosiddetta masturbazione infantile consente al bambino di conoscersi, di conoscere il proprio mondo, di conoscere il piacere e quello che gli procura il piacere, lo scatenarsi delle endorfine e di altri ormoni. Solo in caso di masturbazione compulsiva bisogna distogliere (e non distorcere) proponendo attività alternative. L'educazione sessuale è importante non come materia a sé o branca dell'educazione ma come aspetto insito nell'educazione stessa per garantire lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del fanciullo (secondo l'art. 27 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia).

"Nella scuola si dia più spazio all'ascolto e a discipline sapienziali, come la filosofia. Limitarsi a corsi sulla sessualità porta a eludere le grandi questioni esistenziali (Chi sono? Cosa voglio veramente? Sono amabile?), e offre soluzioni stereotipate, come la contraccezione e la promiscuità sessuale. Ma in questo modo le domande esistenziali, invece di scomparire, si ingigantiscono, e con esse anche il disagio e lo smarrimento" (la sessuologa belga Thérèse Hargot in "Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)", 2017). L'educazione sessuale non ha bisogno di essere programmata (come nella prassi scolatica) ma deve essere inserita nell'educazione olistica del bambino e del ragazzo, perché è educazione olistica come olistica è la persona. Tra le tante statuizioni da seguire, quelle dell'art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia.

Uno dei problemi di cui non si parla molto durante l'adolescenza è la "baby prostituzione" diffusa come fenomeno delle "baby prostitute" e delle "ragazze doccia" (ragazze, tra i 14 e 16 anni, che "offrono" veloci prestazioni sessuali nei bagni una volta al giorno come se fosse una doccia, per esempio in quelli delle scuole, in cambio di "regali"). In questo ambito non si deve tanto parlare di prevenzione quanto di promozione del volersi bene per cui è necessaria una giusta educazione sessuale e sentimentale. L'educazione è una relazione d'amore ("philia"), ancor di più lo è l'educazione sessuale e sentimentale deve essere un'educazione nell'amore e all'amore innanzitutto verso se stessi per completarsi e unirsi, poi, con l'altro. Nell'articolo 6 della nuova Carta dei Diritti della Bambina si legge: "[Ogni bambina ha il diritto] Di ricevere informazioni ed educazione su tutti gli aspetti della salute, inclusi quelli sessuali e riproduttivi, con particolare riguardo alla medicina di genere per le esigenze proprie dell'infanzia e dell'adolescenza femminile". Il sociologo Francesco Belletti (in "Libertà di prostituirsi. Chi consiglierebbe questo lavoro ai propri cari?" del 14-03-2019) spiega: "Quando si fa l'amore, l'abbraccio è un gesto di donazione, è desiderio di essere una cosa sola, è contatto pieno con la bellezza dell'altro; quando "compro il corpo dell'altro per fare sesso", sto consumando un prodotto, sto solo dando risposta ad un mio bisogno, e l'altro non è più persona, ma è semplicemente un oggetto funzionale alle mie pulsioni, ai miei istinti. Non si tratta nemmeno di "desiderio", in questo caso, perché il desiderio fa alzare lo sguardo verso il cielo, per andare verso le stelle ("de sidera"), per cercare risposta ad una evidente incompletezza di sé nell'incontro con la libertà di un altro, con la bellezza del creato, con una nuova relazione con la realtà, oltre i propri limiti. Invece chi "compra sesso" si limita a riempire un vuoto, ritornando narcisisticamente su se stesso. E in questo caso l'ultima cosa che guardo, che voglio, che compro è il volto dell'altro, i suoi occhi (nella saggezza popolare "lo specchio dell'anima"…); invece quando "faccio l'amore" il volto e gli sguardi della persona amata sono un'altra delle porte che mi conducono al mistero dell'altro".

"Nella prospettiva del dono, anche le parti intime dell'uomo e della donna diventano il luogo nel quale imparare - giorno dopo giorno, di stagione in stagione - la propria umanità, nella tensione tra il bisogno e il desiderio, la potenza e la debolezza, la pulsione e la libertà" (il teologo Paolo Tomatis). Dovrebbe essere questo il senso vitale dell'educazione sessuale e sentimentale.


Foto: Foto di bess.hamiti@gmail.com da Pixabay.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: