Con l'ordinanza n. 14701 del 2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno chiarito un importante principio in tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato, qualificando l'inadempimento verso i terzi come illecito disciplinare permanente. La decisione assume rilievo per la ricostruzione della natura giuridica del comportamento inadempiente dell'avvocato nell'ambito del procedimento disciplinare previsto dal Codice deontologico forense.
Il fatto e la questione posta
Il caso trae origine da un procedimento disciplinare avviato nei confronti di un avvocato, accusato di non aver adempiuto a obbligazioni assunte nei confronti di terzi estranei al mandato professionale. La questione centrale sottoposta alle Sezioni Unite era se tale inadempimento dovesse considerarsi come illecito istantaneo oppure come illecito di carattere permanente, ai fini della decorrenza della prescrizione dell'azione disciplinare.
Il principio di diritto affermato
Con una motivazione articolata, la Corte ha affermato che: "L'inadempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi è un illecito permanente. L'illecito disciplinare contemplato dall'art. 64 cdf, e relativo all'inadempimento di obbligazioni contratte dall'avvocato nei confronti dei terzi, è da qualificarsi come illecito permanente, in quanto la condotta che costituisce elemento costitutivo dell'illecito disciplinare è rappresentata non da un fatto istantaneo, quanto, piuttosto, da una situazione giuridica che si protrae nel tempo: appunto l'inadempimento che, per modalità e gravità, è tale da compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi".
La permanenza, quindi, non è fondata sull'azione iniziale, ma sulla persistenza della situazione lesiva, ossia sul mancato adempimento che continua nel tempo a produrre effetti negativi sulla reputazione e sull'affidabilità dell'avvocato.