Risarcimento per il cliente che, a causa della mancata consegna da parte del suo avvocato di un assegno allo stesso destinato per avere vinto una causa di lavoro, deve chiedere un finanziamento per pagare le nozze della figlia  

L'avvocato non può trattenere l'assegno per il cliente

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L'Avvocato a cui viene consegnato un assegno per il cliente vincitore di una causa di lavoro, glielo deve consegnare immediatamente. Se non lo fa e il cliente, per la necessità di pagare le nozze alla figlia, è costretto a chiedere un finanziamento, allora deve risarcirgli i danni arrecati. Questo quanto sancito dalla Cassazione n. 30732/2022 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Un avvocato agisce in giudizio per il pagamento die propri compensi, ottenendo un decreto ingiuntivo. Il cliente opponente fa presente però in giudizio che l'avvocato avrebbe trattenuto un assegno di € 11.680,97. La Corte d'Appello condanna l'avvocato a risarcire il cliente perché il danno lamentato ha spiegato i suoi effetti fuori dal mandato professionale, comportando la lesione di un diritto di credito che l'opponente vantava nei confronti di un terzo e il cui soddisfacimento è stato ostacolato dalla condotta ostruzionistica del legale.

Costui ha infatti opposto il proprio diritto di credito per l'attività professionale prestata, che avrebbe potuto soddisfare senza per questo trattenere materialmente l'assegno spettante al cliente.

L'assegno è sempre stato a disposizione del cliente

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L'avvocato nel ricorre in Cassazione lamenta l'errore della Corte nel ritenere violate determinate norme. L'art. 2335 cc riguarda infatti la ritenzione di atti di causa e documenti del cliente. L'assegno comunque, precisa l'avvocato, non è stato trattenuto. E' infatti accaduto che il cliente non si sia presentato in Studio per ritirarlo, per cui lo stesso, visto che non è obbligato a spedirlo, lo ho conservato. Con il passare del tempo e stante il mancato ritiro, l'assegno è stato poi depositato al Consiglio dell'Ordine nel rispetto dell'art. 66 del Codice deontologico. Non può quindi dirsi violato il principio di buona fede di cui all'art. 1175 cc, così come non è ravvisabile la violazione dell'art. 2043 c.c perché controparte non ha dimostrato il "rifiuto" di consegnare l'assegno.

Non c'è quindi alcun collegamento tra il pregiudizio patrimoniale lamentato, di cui il cliente ha richiesto i danni e la fattispecie. Il cliente avrebbe potuto andare a ritirare l'assegno presso lo studio in ogni momento. Manca inoltre la prova dello stato di necessità legato alle spese da sostenere per il matrimonio della figlia.

Risarcimento al cliente: finanziamento dettato dalla necessità

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Il ricorso del legale però viene dichiarato inammissibile dalla Corte alla luce dell'inammissibilità dei due motivi sollevati dal professionista.

Il primo motivo infatti non fa che sollecitare in sostanza, criticando la ricostruzione e le conclusioni della Corte di Appello, una rivisitazione dei fatti, senza confrontarsi con la ratio della decisione.

Parimenti inammissibile il secondo motivo in quanto "I giudici di appello, acclarata la ritenzione ingiustificata, da parte del professionista, dell'assegno del cliente, pacificamente non comprensivo di spese processuali, a ritenuto provato il nesso causale tra la mancata consegna del titolo ed il ricorso al finanziamento fatto (dal cliente) per fare fronte alle spese del matrimonio della figlia, valorizzando a tal fine sia la circostanza che (il cliente) con la missiva del 31 luglio 2007, aveva rappresentato all'avvocato l'urgenza di conseguire la disponibilità della somma portata dall'assegno, sollecitandolo a depositare il titolo presso il consiglio dell'ordine, sia la ulteriore circostanza che, essendo le nozze fissate per la data dell'8 settembre 2007 (il cliente) era si era visto costretto ad avanzare richiesta di finanziamento nel mese di luglio 2007."

L'Avvocato tenta insomma, per gli Ermellini, di rimettere in discussione questioni di fatto già risolte dalla Corte, la quale ha escluso che il riscorso al credito da parte del cliente fosse fittizio o dettato dalla volontà di nuocere al legale, concludendo per la fondatezza della domanda avanzata. Il cliente si è trovato difatti nella condizione di dover ricorrere, per necessità, a un finanziamento, visto che non aveva la disponibilità della somma trattenuta dall'avvocato.

Scarica pdf Cassazione n. 30732/2022

Foto: 123rf.com
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