La restituzione dei termini disciplinata dall'art. 175 c.p.p. è contemplata solo se il mancato rispetto del termine processuale è dipeso da un evento riconducibile alla forza maggiore dal caso fortuito

Niente remissione se si decade da un termine

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Se un imputato decade dai termini per proporre l'appello perché i suoi difensori hanno ritenuto per errore applicabile la regola della sospensione feriale per fare appello, lo stesso non ha il diritto di essere rimesso nei termini. L'art. 175 c.p.p. prevede la restituzione dei termini solo se l'impedimento è stato determinato da forza maggiore o caso fortuito, ipotesi nelle quali non rientra la mancata conoscenza della legge da parte dei difensori, come invocata dall'imputato. Questa in sintesi la decisione e la motivazione della sentenza n. 32497/2022 della Cassazione (sotto allegata).

Appello inammissibile perché intempestivo

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La Corte d'appello conferma il rigetto dell'istanza di remissione in termini avanzata dall'imputato per impugnare la sentenza di condanna pronunciata dal Gup, in quanto l'appello è stato dichiarato intempestivo e quindi inammissibile.

Illegittima la negata restituzione nei termini?

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L'istante, nel domandare la restituzione del termine fa presente che la tardività dell'appello non è riconducibile e negligenza o trascuratezza, ma a un errore di diritto. Per i due difensori dell'imputato nel caso di specie era applicabile la sospensione dei termini feriale, l'imputato inoltre, suo dire, non andrebbe incontro al limite di non poter fare domanda di restituzione dei termini.

Ritiene quindi che siano stati violati i suoi diritti processuali e che la motivazione della sentenza impugnata sia assolutamente contraddittoria.

Chiede quindi che la sentenza venga annullata e solleva questione di illegittimità costituzionale dell'art. 175 c.p.p "nella parte in cui non prevede la restituzione in termini per proporre appello in caso di tardiva impugnazione da parte del difensore per mancata corretta conoscenza delle norme di legge in violazione degli articoli tre, 24,11 e 117 Cost."

La decadenza da un termine non porta alla remissione dei termini

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La Cassazione nel rigettare il ricorso precisa prima di tutto che la restituzione nei termini presuppone un impedimento determinato da forza maggiore e caso fortuito.

La forza maggiore è un evento umano o naturale imprevedibile e causato da fattori esterni all'agente che non può opporvisi. Il caso fortuito invece è ogni tipo di evento imprevedibile, non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di dolo o colpa.

Il mancato o inesatto adempimento dell'incarico da parte del difensore, che dipende da ignoranza della legge non è riconducibile né alla forza maggiore e neppure al caso fortuito.

Per cui la restituzione nei termini non può essere concessa.

"E se è vero che le conseguenze dell'incompetenza del difensore ricadono direttamente sul suo assistito anche in termini di libertà personale, ciò è comunque quanto accade in tutti i casi di negligenza professionale che, potendo essere di norma prevedibile, investe il soggetto in nome per conto del quale difensore opera nel processo, senza che perciò possono essere invocati i presupposti legittimanti, nei limiti rigorosi fissati dall'articolo 175 c.p.p la richiesta di restituzione in termini."

Precisa poi la Corte che "nel rapporto professionale con il cliente la responsabilità dell'avvocato è in ogni caso esclusa nei casi di risoluzione di questioni interpretative di particolare difficoltà opinabili (articolo 2236 c.c.), a meno che non risulti che questi abbia agito con dolo o colpa grave, ma non per questo lap arte ha diritto alla restituzione in termini nel compimento di attività precluse o per le quali è decaduta occorrendo pur sempre l'esistenza di uno stato di fatto configurabile come causa non imputabile cui la decadenza o lap reclusione siano immediatamente riconducibili."

Scarica pdf Cassazione n. 32497/2022

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