Per le Sezioni Unite della Cassazione, gli arresti domiciliari p.a.c. integrano legittimo impedimento a comparire, imponendo al giudice di rinviare a nuova udienza e disporre la traduzione del detenuto

Arresti domiciliari per altra causa

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Gli arresti domiciliari per altra causa integrano legittimo impedimento a comparire. E' quanto deciso dalle sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 7635/2022).

La vicenda

Nel corso del primo grado, il Tribunale, reso edotto dell'applicazione nei confronti dell'imputato degli arresti domiciliari per altra causa sopravvenuta, rinvia ad altra udienza, che si celebra, tuttavia, in assenza dell'interessato, per mancato ordine di traduzione del medesimo.

La difesa eccepisce la nullità della sentenza per non aver il Tribunale riconosciuto il legittimo impedimento in capo all'imputato, che non ha potuto presenziare proprio perché il Giudice non ne aveva ordinato la traduzione.

La Corte d'Appello respinge l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, ritenendo insussistente il dovere del giudice di disporre la traduzione del soggetto, in quanto è onere dell'imputato attivarsi presso il giudice del diverso procedimento, in cui è stata applicata la misura, ai fini dell'autorizzazione a recarsi in udienza.

Viene proposto ricorso per Cassazione e la Sesta Sezione, ravvisando un contrasto giurisprudenziale, demanda alle Sezioni Unite la trattazione della seguente questione di diritto: "Se la restrizione dell'imputato agli arresti domiciliari per altra causa, comunicata in udienza, integri comunque un'ipotesi di legittimo impedimento a comparire, così precludendo la celebrazione del giudizio in assenza, ovvero gravi sull'imputato il previo onere di richiedere al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare l'autorizzazione per presenziare a detta udienza".

La decisione delle Sezioni Unite

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Il Supremo Consesso fa un excursus delle pronunce che si sono susseguite sulla questione.

Secondo un primo orientamento, delineato sempre dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 37483/2006, in mancanza di qualsivoglia dichiarazione di rinuncia a comparire dell'imputato e di un onere - normativamente non previsto - di previa comunicazione della condizione di limitazione della libertà personale in cui versa l'interessato, l'accertata presenza di un legittimo impedimento, del quale il giudice sia stato reso edotto, non produce alcun effetto abdicativo e la dichiarazione di contumacia o di assenza è illegittimamente resa.

Questa decisione muove dal principio basilare per cui nel giudizio debba essere sempre assicurata la presenza dell'imputato, salvo un inequivoco rifiuto, e che, laddove sorga il dubbio che l'assenza sia dovuta a caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, spetta al giudice disporre, anche d'ufficio, il rinvio ad una nuova udienza, senza che sia necessaria una richiesta dell'imputato in tal senso, e ordinare la traduzione del medesimo, a meno che non vi sia stato un esplicito rifiuto in tal senso. Tanto è vero che, nell'ottica del processo accusatorio, la partecipazione dell'imputato afferisce al diritto di autodifesa, certamente rinunziabile, ma non delegabile né confiscabile.

Secondo altro e più consistente orientamento, il principio enucleato dalla Sentenza 37483/2006 farebbe riferimento alla "impossibilità assoluta a comparire", quindi al solo caso di detenzione ordinaria, poiché in tutti gli altri casi, ivi compresi gli arresti domiciliari, l'imputato è nelle condizioni di chiedere all'autorità l'autorizzazione a recarsi in udienza.

I due orientamenti sono poi stati variamente articolati da pronunce successive.

Le Sezioni Unite precisano la peculiarità della questione, obiettivamente diversa da quella del giudice che procede nei confronti dell'imputato ristretto per la causa in corso. In quest'ultimo caso, l'interessato non ha alcun dovere di comunicazione e, se non viene reperito, è previsto il dovere officioso del giudice di disporre le ricerche anche in carcere, prima di emettere il decreto di irreperibilità.

La questione sottoposta al Consesso è diversa, in quanto pone il tema della configurabilità di un impedimento assoluto dell'imputato a comparire, derivante dalla concomitante restrizione per altra causa, e il tema della conoscenza, da parte del giudice, della predetta condizione.

È condivisibile il giudizio per cui, quando una qualunque restrizione della libertà personale impedisca all'imputato di presenziare in udienza, il legittimo impedimento è in re ipsa .

La decisione della Corte non può, poi, prescindere dalla solco tracciato dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che, nell'elencare i diritti dell'imputato, presuppone l'essenzialità della sua partecipazione al processo; garanzie richiamate anche dal Patto internazionale dei diritti civili e politici (adottato a New York il 16-12-66, reso esecutivo in Italia con la L. 881/1977).

Orbene, alla luce delle disposizioni costituzionali e convenzionali, tenuto conto altresì dei principati elaborati dalla Corte Edu e dalla Sezioni Unite della Cassazione, si può affermare la centralità a partecipare al processo e individuare la rigorose condizioni cui subordinare la celebrazione del giudizio in assenza nella: a) certezza della conoscenza del processo, della data e del luogo fissati per il suo svolgimento; b) inequivocità della rinuncia a comparire […] In caso contrario il giudice deve disporre la sua traduzione a processo […] Ne consegue che la conoscenza da parte del giudicante della presenza di una limitazione alla libertà, imposta da altra autorità giudiziaria, su cui sia possibile intervenire, non può essere pretermessa.

Dunque, l'assenza può costituire chiara espressione di rinuncia a comparire solo ove non risulti alcun impedimento e possa essere ricondotta unicamente alla libera decisione dell'imputato. Tale condizione non sussiste in tutte quelle ipotesi in cui il giudice ha conoscenza dell'esistenza di un impedimento dell'imputato a partecipare, a causa della limitazione della libertà personale, e non sia stata manifestata inequivocabilmente la rinuncia a comparire. In tali casi, dunque, incombe sul giudicante il dovere di esercitare tutti i poteri conferiti dall'ordinamento per assicurare la partecipazione a processo dell'imputato.

Il principio di diritto

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Al quesito posto, le Sezioni Unite asseriscono il seguente principio: "La restrizione dell'imputato agli arresti domiciliari per altra causa, documentata o, comunque, comunicata al giudice procedente, in qualunque tempo, integra un impedimento legittimo a comparire che impone al medesimo giudice di rinviare ad una nuova udienza e disporne la traduzione".

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