Va sempre provata la effettiva incidenza delle possibili misure contenitive. La sentenza del tribunale di Lecce e la giurisprudenza della Cassazione

Danni da infiltrazioni

[Torna su]

In tema di infiltrazioni acquose, ove il danneggiato dimostri la sussistenza di gravi difetti strutturali nella proprietà confinante nonchè l'assenza - in quest'ultima - dell'ordinaria manutenzione, non può integrarsi la fattispecie del concorso di colpa del creditore danneggiato di cui all'art. 1227 del codice civile.

Così il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 2508 del 21.09.2021, ha affermato il principio per il quale - in presenza di una siffatta riconducibilità del danno all'evento - l'eventuale mancata adozione di accorgimenti contenitivi sulla proprietà del danneggiato non può essere invocata dall'incauto danneggiante per limitare la propria responsabilità, che deve essere invece considerata esclusiva.

Il caso

Il proprietario di un immobile posto accanto a un fabbricato di proprietà

comunale si era rivolto al Tribunale salentino richiedendo il risarcimento dei danni provocati da infiltrazioni alla sua abitazione, nonchè la condanna ad un facere specifico per inibire la trasudazione delle acque meteoriche provenienti dal manufatto di proprietà pubblica.

Tale iniziativa giudiziaria era seguita al procedimento ex articolo 696 c.p.c., già esperito in contraddittorio

con l'Ente Civico, e quest'ultimo - pur in presenza della relazione del CTU che aveva accertato la sussistenza dei danni subiti ai locali del ricorrente e la riconducibilità dei medesimi al fenomeno di tipo infiltrativo dovuto all'umidità di risalita provocato dal fondo comunale - aveva insistito nel ritenere la corresponsabilità dell'attore ai sensi dell'art. 1227 del codice civile.

Sta di fatto che l'ausiliario del Giudice, a fronte degli evidenti difetti costruttivi e della totale assenza di manutenzione ordinaria ascrivibili al Comune convenuto, aveva già sottolineato che la eventuale mancanza di "ulteriori quanto secondari" accorgimenti dell'attore, idonei a contenere le infiltrazioni subite, non appariva elemento sufficiente a limitare la responsabilità cagionata dall'incuria dell'ente territoriale rendendo così palese, in capo a quest'ultimo, la mancata operatività dei doveri di custodia di cui all'art. 2051 c.c.

Il processo

Data la natura documentale che ha reso superflua l'istruttoria orale, la causa è stata dunque subito trattenuta per la decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti e si è definita con l'accoglimento della domanda attorea attraverso la condanna del Comune al pagamento di oltre tredicimila euro a titolo di risarcimento del danno, nonchè all'obbligo di eseguire i lavori necessari per inibire le accertate infiltrazioni, il tutto con vittoria di spese e compensi professionali liquidati in favore del danneggiato.

"Orbene - si legge in sentenza - non vi sono elementi che consentano di ritenere sussistente un concorso di colpa dell'attore per i danni per cui è giudizio, posto che a fronte dei macroscopici difetti costruttivi e della totale assenza di manutenzione ordinaria ascrivibili al convenuto, l'eventuale mancanza di accorgimenti da parte del danneggiato, atti a contenere le infiltrazioni subite, non appare circostanza idonea a limitare la responsabilità del Comune".

Quest'ultimo, come da risultanze processuali, oltre a non aver messo in opera alcun accorgimento a limitare o ad evitare il danno per cui si è celebrato il giudizio, non aveva neppure presenziato alle operazioni peritali e non aveva formulato alcuna osservazione alla bozza dell'elaborato redatto dal CTU in sede di accertamento tecnico preventivo, salvo poi a manifestare - senza ottenere positivo riscontro - la volontà di addivenire alla definizione bonaria della controversia mancando però di motivare la presunta corresponsabilità del confinante danneggiato.

Il richiamo alla giurisprudenza della Cassazione

[Torna su]

Particolarmente utile, in riferimento alla sentenza commentata, è il richiamo osservato dal Tribunale di Lecce alla giurisprudenza di legittimità, ferma nel ritenere che "il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onera della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico fra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva" (Cass. n.27724/2018).

La decisione

[Torna su]

Nella fattispecie all'esame del Tribunale di Lecce non solo l'Ente Civico ha mancato di partecipare alle operazione peritali, ma lo stesso è rimasto completamente inerte sulla indicazione delle eventuali condotte contenitive del danno che l'attore avrebbe potuto o dovuto adottare, "dimenticando" così di spiegare come le stesse sarebbero state idonee ad evitare, o almeno a contenere, gli effetti negativi della risalita di umidità dal muro confinante.

Pesa, sul dispositivo reso dal Giudice, la grave inerzia del Comune seguita dal rifiuto di aderire alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita, nonostante la piena conoscenza della schiacciante responsabilità rilevata in sede di accertamento tecnico preventivo.

Una sentenza di condanna più che prevedibile, dunque, che richiama fortemente le responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. e chiarisce inequivocabilmente l'ambito di applicazione dell'art. 1227 c.c., ritenuto evidentemente "sussidiario" perchè indissolubilmente legato alla realistica valutazione della "effettiva incidenza" sulla causazione degli eventi.


Avv. Michele Zuppardi


Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: