Per le Sezioni Unite della Cassazione la presenza del crocifisso nelle scuole pubbliche è facoltativa. Decide la comunità scolastica cercando un accomodamento che favorisca la convivenza delle pluralità

Crocifisso in aula: parola alla comunità scolastica

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L'esposizione del crocifisso nelle scuole non può rappresentare un obbligo imposto da pubblici poteri, non essendo costituzionalmente consentito esigerne la presenza. Tuttavia, ciò non si traduce in un divieto di esporre tale simbolo religioso nelle aule scolastiche: la scelta resta affidata alla comunità scolastica interessata che dovrà valutare e decidere in autonomia, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, eventualmente anche affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, altri simboli delle fedi religiose presenti all'interno della stessa comunità stessa e ricercando un ragionevole accomodamento che consenta di favorire la convivenza delle pluralità.

Il dirigente scolastico non potrà, dunque, limitarsi a prendere atto della sola volontà degli alunni, invitando formalmente i docenti a non rimuovere il crocifisso dall'aula. Anche il docente dissenziente, infatti, fa parte della comunità scolastica e deve prendere parte al processo deliberativo, sicché il dirigente dovrà tenerne conto e aiutare a trovare una soluzione di compromesso da tutti sostenibile e rispettosa delle diverse sensibilità.

Una sua direttiva che non rispecchi tali principi rischia di essere dichiarata illegittima, così come la sanzione disciplinare inflitta al docente che, nonostante sia stato invitato a fare il contrario, continui reiteratamente a rimuovere il crocifisso dall'aula durante la sua lezione.


Questo è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 24414/2021 (qui sotto allegata), provvedimento fiume di ben 65 pagine lungo le quali gli Ermellini scandagliano la normativa in materia e i precedenti giurisprudenziali, sia interni che esterni ai confini nazionali, operando un bilanciamento tra principi fondamentali: dalla libertà religiosa al principio di laicità nelle sue diverse declinazioni, al pluralismo, al divieto di discriminazioni, alla libertà di insegnamento nella scuola pubblica aperta a tutti.

La vicenda

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Il caso portato all'attenzione degli Ermellini vede coinvolto un docente di ruolo in materie letterarie presso un istituto professionale, sottoposto a procedimento disciplinare, tra l'altro, perché, prima dell'inizio delle sue ore di lezione in una classe dell'istituto, aveva sistematicamente rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula, per poi riappenderlo al termine delle stesse, così contravvenendo a una circolare del dirigente scolastico che aveva recepito una richiesta di affissione del simbolo proveniente dagli studenti riuniti in assemblea.


Infatti, ciò che rileva nel caso di specie è proprio la circostanza che, sull'affissione del crocifisso in aula, era intervenuta una deliberazione favorevole adottata dell'assemblea di classe, poi richiamata dal dirigente scolastico nella circolare che invitava formalmente tutti i docenti "a rispettare e a tutelare la volontà degli studenti, autonomamente determinatasi ed espressa con chiarezza nel verbale di assemblea". Ciononostante, il professore aveva continuato a rimuovere il crocifisso durante le sue ore di lezioni e nei suoi confronti era scattata la sanzione disciplinare della sospensione dall'insegnamento.


Da qui la decisione del professore di impugnare sia l'ordine di servizio del Dirigente Scolastico, sia il provvedimento dell'Ufficio Scolastico che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare: il primo è ritenuto discriminatorio nei confronti dei docenti che non si riconoscevano nel crocifisso e il secondo volto a sanzionare una condotta che, ad avviso del ricorrente, costituiva invece legittimo esercizio del potere di autotutela in relazione ai diritti fondamentali di libertà di insegnamento e di libertà di coscienza in materia religiosa. Domande respinte sia in prime che in seconde cure, prima di arrivare in Cassazione.


La questione sottoposta alle Sezioni Unite, in particolare, riguarda la compatibilità tra l'ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto professionale statale sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall'assemblea di classe degli studenti, e la libertà di insegnamento e

di coscienza in materia religiosa, intesa quest'ultima anche come libertà negativa, da assicurare ad ogni docente.

Crocifisso: nessun obbligo di esporlo nelle scuole

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Il Collegio, in prima battuta, sottolinea come l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche sia prevista da regolamenti che lo includono tra gli arredi scolastici, quali l'art. 118 del R.D. 965/1924 e l'art. 119 del R.D. 1297/1928, rispettivamente per le scuole medie (e anche superiori, secondo l'interpretazione fornita dalla Corte) ed elementari.


Tuttavia, trattasi di un quadro normativo ritenuto "debole" per la mancanza di una previsione legislativa che disciplini la fattispecie. Come si legge in sentenza, "l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche non è prevista da alcuna disposizione di rango legislativo, ma è, essa stessa, affidata e appesa a un quadro normativo fragile, sia per il grado non primario della fonte che detta esposizione contempla, sia, soprattutto, per l'epoca pre-costituzionale della emanazione della relativa disciplina, un'epoca segnata, tra l'altro, da un confessionalismo di Stato e da una struttura fortemente accentrata e autoritaria dello Stato stesso".


Per il Supremo Consesso nomofilattico "la scuola pubblica non ha e non può avere un proprio credo da proporre, non ha fedi da difendere, né un agnosticismo da privilegiare" e per questo deve ritenersi che, in base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non sia consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l'affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso.

Scelta affidata alla comunità scolastica

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Il venir meno dell'obbligo di esposizione, tuttavia, non si traduce automaticamente nel suo contrario, e cioè in un divieto di presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. I giudici sottolineano altresì come la scuola pubblica rappresenti un luogo aperto che favorisce l'inclusione e promuove l'incontro di diverse religioni e convinzioni filosofiche, e dove gli studenti possono acquisire conoscenze sui loro pensieri e sulle loro rispettive tradizioni.


Pertanto, si ritiene che la presenza o meno nelle scuole del crocifisso rientri nell'ambito dell'autonomia delle singole istituzioni scolastiche, in conformità con il ruolo ad esse attribuito a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione.


Proprio la comunità che si raccoglie nella singola aula, dunque, appare quella maggiormente in grado di scegliere e di decidere, ad esempio valutando di esporre il crocifisso, tenendo conto delle singole sensibilità e delle effettive richieste degli utenti del servizio scolastico ed eventualmente accompagnarne la presenza con l'affissione di simboli di altre fedi religiose o di altre convinzioni ideali o filosofiche presenti nella classe.


L'art. 118 del regio decreto n. 965/1924 va dunque "interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un 'ragionevole accomodamento' tra eventuali posizioni difformi", con il più ampio consenso possibile.

Circolare illegittima

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Calando tali principi nel caso in esame, alle Sezioni Unite appare evidente come la circolare adottata dal dirigente scolastico non sia conforme al modello e al metodo di una comunità dialogante che ricerca insieme la composizione di diritti uguali e contrari, e non esprime una soluzione di mediazione o di compromesso.


Il docente, anch'egli componente della comunità scolastica, è rimasto in effetti estraneo al processo deliberativo e, limitandosi a dare seguito solo alla richiesta degli studenti, il dirigente scolastico non ha tenuto conto del suo dissenso. Non vestendosi della terzietà del mediatore, il dirigente sarebbe venuto meno al compito di aiutare studenti e docente a trovare una soluzione di compromesso da tutti sostenibile e rispettosa delle diverse sensibilità.


Oltre a non aver stimolato un approccio orientato all'intesa, non è stato ricercato un consenso condiviso e neppure sono state valutate, in particolare, le molte possibilità in campo sulle modalità di affissione del crocifisso. In breve, non è stata tentata la strada della ricerca dell'accomodamento ragionevole, l'unica capace di promuovere il pluralismo non divisivo nell'ambiente (l'aula scolastica) in cui si animano le relazioni tra studenti e tra questi e gli insegnanti.


Per questo la Cassazione ritiene "illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in un'assemblea, di vedere esposto il crocifisso nella loro aula, non ricerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente".

Sanzione disciplinare invalida

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L'illegittimità dell'atto presupposto, ovvero la circolare del dirigente scolastico, determina l'invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente per avere egli, contravvenendo all'ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula all'inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.


Tale circolare, secondo la Cassazione, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente, e non determina pertanto le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria, perché, recependo la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocifisso, il dirigente scolastico non ha connotato in senso religioso l'esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né ha condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente.


Tuttavia, la sanzione disciplinare è stata comminata al professore anche con riguardo a plurime espressioni sconvenienti e irriguardose da lui rivolte al dirigente scolastico e per questo, nella residuale porzione di contestazione disciplinare ancora attiva, riguardante appunto le espressioni offensive, le Sezioni Unite rinviano alla Corte d'Appello che si occuperà della relativa valutazione.


Scarica pdf sentenza Cass. SS.UU. n. 24414/2021

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