Per la Cassazione, il verbale di conciliazione giudiziale non rientra fra gli atti dell'autorità giudiziaria tassabili ai sensi dell'art. 8 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986

Verbale di conciliazione giudiziale non tassabile

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Il verbale di conciliazione giudiziale non rientra fra gli atti dell'autorità giudiziaria tassabili ai sensi dell'art. 8 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, poiché non costituisce un provvedimento del Giudice, il quale vi interviene soltanto a fini certificativi ed esecutivi.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione tributaria, nell'ordinanza n. 9400/2021 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di accoglimento dell'istanza della contribuente.


In particolare, quest'ultima aveva impugnato l'avviso di liquidazione con il quale l'Agenzia aveva sottoposto a imposta di registro l'ordinanza emessa dal Tribunale che, preso atto dell'intervenuta transazione tra le parti, dichiarava l'estinzione del giudizio ordinando la cancellazione della causa dal ruolo.


Tale ordinanza, secondo la CTR, non costituiva nella sostanza un provvedimento giudiziale e pertanto non sarebbe stata soggetta a tassazione ex art. 8 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico dell'imposta di registro) in quanto si limitava a richiamare l'intervenuta transazione intervenuta tra le parti del giudizio.


Secondo l'Agenzia delle Entrate, invece, il provvedimento emesso dal Tribunale, nel prendere atto dell'intervenuta transazione tra le parti, avrebbe inteso emettere un giudicato di natura sostanziale e non meramente processuale da equiparare a una sentenza anche se fondata su di un atto di conciliazione.


Dunque, tale provvedimento, in quanto definitorio di un giudizio e in grado di incidere sulla situazione giuridica delle parti, doveva essere tassato ai sensi dell'art. 37 del T.U.R. che equipara agli atti giudiziari sottoposti a tassazione la conciliazione giudiziale.

Esenzione dall'imposta di registro

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Una conclusione non condivisa dagli Ermellini. Il Collegio rammenta come l'art. 8 della Tariffa, parte I, allegata al T.U.R. (d.P.R. 131/1986) contenga un'elencazione tassativa degli atti soggetti a registrazione, individuando altresì la relativa Imposta.


L'art. 2 della Tabella indica poi gli atti per i quali non vi è obbligo di chiedere la registrazione, precisando che sono esenti da registrazione gli "atti, diversi da quelli espressamente contemplati nella parte prima della tariffa, dell'Autorità giudiziaria in sede civile (...)".


Tanto premesso, nell'area dell'esenzione da registrazione rientrano, ad esempio, gli atti processuali con i quali, ai sensi degli articoli 306 e 307 c.p.c., viene dichiarata l'estinzione del processo e ciò in quanto la tassazione degli atti dell'Autorità Giudiziaria in materia di controversie civili attiene a quegli atti che, definendo, anche parzialmente il giudizio, abbiano la concreta potenzialità di incidere sulla situazione giuridica dei soggetti (cfr. risoluzione n. 263 del 21.9.2007, dell'Agenzia delle entrate). La rinuncia agli atti del giudizio, infatti, consiste nell'espressa dichiarazione della parte che ha intrapreso il giudizio di voler porre fine al processo senza giungere ad una pronuncia definitoria del giudizio stesso.

Verbale di conciliazione giudiziale, niente imposta di registro

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Per la Corte, neppure il verbale di conciliazione giudiziale rientra fra gli atti dell'autorità giudiziaria tassabili ai sensi dell'art. 8 della Tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986, in quanto non costituisce un provvedimento del Giudice, il quale vi interviene soltanto a fini certificativi ed esecutivi.


Ancora, la Cassazione precisa che, anche nel caso in cui il verbale di conciliazione sia redatto alla presenza e con la partecipazione del Giudice, questo continua a rappresentare un'ordinaria manifestazione di autonomia negoziale (cfr. Cass. n. 5480 del 2008), la cui sottoposizione a tassazione dipende dall'effettivo contenuto di volta in volta assunto e non da valutazioni di tipo aprioristico e astratto.


In altre parole, "nonostante la sua peculiare collocazione, finalità ed efficacia, il verbale di conciliazione non assurge a un ruolo tale da sovrapporsi e assorbire qualsiasi antecedente, ma rimane un atto destinato a scontare l'imposta in base ai principi generali della materia".


Dunque, si legge nell'ordinanza, se il verbale di conciliazione costituisce titolo per il trasferimento di beni o diritti perché, per esempio, prima di allora non era stato concluso alcun accordo fra le parti ovvero le stesse erano giunte soltanto a un'intesa di massima da perfezionare o dettagliare in seguito, sarà proprio esso e non le eventuali scritture a monte a dover essere tassato.


Se, invece, il verbale di conciliazione non trasferisce alcunché, ma si limita a dare atto dell'avvenuta definizione della lite per effetto di un accordo già concluso prima, sarà quest'ultimo l'atto cui fare riferimento per quel che riguarda i termini e l'ammontare del pagamento (cfr. Cass n. 27979 del 2011).


Nella vicenda in esame, il provvedimento emesso dal Tribunale, che aveva dichiarato l'estinzione del giudizio, non era entrato nel merito dello stesso (come avviene, ad esempio, con le pronunce di incompetenza, inammissibilità), limitandosi a dare "atto della intervenuta transazione, come da foglio separato che si allegava al verbale di causa", risultando, pertanto, inidoneo ad incidere sulla posizione giuridica delle parti processuali e a costituire presupposto del tributo. La CTR ha dunque fatto corretta applicazione di tali principi, con la conseguenza che il ricorso del Fisco va respinto.

Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n. 9400/2021

Foto: 123rf.com
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