- Intervento al seno riuscito male, quali danni
- Danno estetico e psicologico si sovrappongono
- I rischi del calcolo aritmetico
Intervento al seno riuscito male, quali danni
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Un intervento di chirurgia estetica riuscito male può essere fonte, per il paziente, di danni di diversa natura: non solo estetici, ma anche psichici. Ma come vanno valutati?
Interessante, in proposito, è l'ordinanza n. 8220/2021 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), che si è confrontata con la vicenda di una donna che si era rivolta alla giustizia per ottenere il risarcimento del danno alla salute subito in conseguenza di un errato intervento chirurgico di riduzione del seno.
Nel corso del giudizio, era stato accertato che, in conseguenza dell'errore medico, la paziente aveva subito sia un danno connesso alla riduzione del benessere psicofisico derivante dalla asimmetria mammaria residuata all'intervento, sia un danno di natura più specificamente psichica.
Danno estetico e psicologico si sovrappongono
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Per la Corte di cassazione, tuttavia, non è corretto procedere a un calcolo puramente aritmetico del risarcimento astrattamente spettante per l'una e per l'altra menomazione, ma, a fronte di menomazioni plurime, il risarcimento dovuto dal medico va valutato considerando il danno nel suo complesso.
Con riferimento al caso di specie, deve del resto considerarsi che il danno estetico si riflette necessariamente sulla psiche e che, quindi, lo stesso può sovrapporsi al danno psicologico. Tale sovrapposizione, nella valutazione del danno unitario, deve essere eliminata.
I rischi del calcolo aritmetico
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Il calcolo aritmetico potrebbe peraltro portare, in casi estremi, addirittura a un'invalidità superiore al 100%, che, chiaramente, non è ipotizzabile. Così, in presenza di menomazioni plurime, monocrone o policrone, non sempre è possibile ricorrere alla loro sommatoria.
Nel caso di specie, il danno estetico era stato stimato al 5%, mentre quello psichico al 4%. Per i giudici, tuttavia, è corretto il ragionamento del giudice del merito che ha ritenuto corretto stimare la complessiva percentuale invalidante nella misura dell'8% anziché del 9%.
Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 8220/2021