Negli ultimi anni, la riflessione giuridica ha iniziato a interrogarsi su un fenomeno che si colloca al confine tra abuso del processo e tutela effettiva dei diritti: quello che la dottrina, in modo descrittivo e non tecnico, ha definito "stalking giudiziario"

Una nozione non codificata

Si tratta, in estrema sintesi, dell'uso distorto e reiterato degli strumenti giudiziari con finalità non genuine, tali da determinare un aggravio ingiustificato per la controparte e, nei casi più gravi, una vera e propria forma di pressione psicologica.

È importante chiarire che l'espressione "stalking giudiziario" non individua una fattispecie di reato autonoma e non compare nel codice penale.
Essa è invece utilizzata in senso lato per descrivere condotte che si manifestano attraverso:

" proposizione sistematica di procedimenti privi di adeguato fondamento,

" reiterazione di iniziative giudiziarie,

" utilizzo del processo con finalità meramente ritorsive o defatiganti.

Questi comportamenti, quando provati, non restano privi di rilievo nell'ordinamento, potendo integrare:

" abuso del processo,

" lite temeraria (art. 96 c.p.c.),

" eventualmente condotte persecutorie se accompagnate da ulteriori elementi esterni al processo.

L'abuso del processo e la tutela del diritto di azione

Ogni cittadino ha pieno diritto di rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere tutela.
Questo principio, fondato sull'art. 24 della Costituzione, rappresenta una garanzia fondamentale.

Nello stesso tempo, la giurisprudenza ha riconosciuto che il diritto di azione non è illimitato e non può essere esercitato in modo da:

" arrecare un danno ingiusto alla controparte,

" violare i principi di lealtà e correttezza processuale,

" impegnare in modo distorto le risorse del sistema giudiziario.

L'abuso del processo diviene pertanto la categoria entro la quale possono essere ricondotte quelle condotte che, pur formalmente legittime, risultano in concreto finalizzate a un uso improprio dello strumento giudiziario.

Le inefficienze come fattore di vulnerabilità

Alcuni casi giurisprudenziali hanno evidenziato che l'abuso del processo può trovare terreno fertile quando il sistema è gravato da:

" eccessiva durata dei procedimenti,

" disfunzioni organizzative,

" difficoltà di coordinamento tra uffici e procedimenti.

Si tratta di situazioni sistemiche, non riferibili a singoli operatori, che possono talvolta amplificare gli effetti pregiudizievoli di un uso eccessivo o distorto del contenzioso.

Per questo motivo, in dottrina si discute della necessità di rafforzare gli strumenti che consentano ai giudici di individuare e arginare tempestivamente comportamenti processuali abusivi, senza comprimere il diritto di difesa.

Il tema delle riforme

Proprio per evitare che un uso improprio dell'azione giudiziaria si trasformi in una forma di pressione nei confronti delle parti processuali, alcuni commentatori auspicano:

" la definizione di criteri più chiari per il riconoscimento della lite temeraria,

" l'introduzione di rimedi più rapidi e snelli per filtrare le iniziative giudiziarie manifestamente infondate,

" un potenziamento dell'organizzazione giudiziaria per garantire una risposta più efficiente.

Si tratta di proposte di carattere generale, orientate alla migliore funzionalità del sistema, e che non coinvolgono singole vicende giudiziarie.

Considerazioni conclusive

Il dibattito sul cosiddetto "stalking giudiziario" riflette una questione più ampia: come garantire un equilibrio tra tutela effettiva dei diritti, libertà di azione in giudizio e prevenzione di comportamenti abusivi.
L'obiettivo non è limitare l'accesso alla giurisdizione, ma preservarne la funzione di strumento di giustizia, evitando che venga utilizzato per finalità diverse da quelle a cui è destinato.

In questo senso, la giurisprudenza e la dottrina offrono spunti importanti per una riflessione che resta aperta e centrale nel dibattito sul funzionamento del processo civile e penale in Italia.


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