Per la Cassazione, non è punibile per il reato di evasione il soggetto che si allontana da casa, va dai Carabinieri e dichiara di preferire il carcere alla moglie

Reato di evasione per chi si allontana dal domicilio

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Annullata senza rinvio la sentenza di condanna a due mesi e 20 giorni di reclusione per il ricorrente sottoposto agli arresti domiciliari e accusato di evasione per essersi recato dai Carabinieri e aver chiesto di preferire il carcere alla convivenza litigiosa con la moglie. Questa la decisione assunta dalla Cassazione con la sentenza n. 36518/2020 (sotto allegata) contro quella con cui il giudice dell'impugnazione ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado e, ritenendo prevalenti le circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva, ha ridotto a due mesi e venti giorni la pena della reclusione inflitta al ricorrente, condannato per il reato di evasione.

C'è evasione per chi preferisce il carcere alla moglie?

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Il ricorrente però ricorre contro la decisione del giudice d'Appello sollevando due motivi.

Con il primo fa presente di non essersi allontano dalla sua abitazione con la volontà di sottrarsi al controllo delle autorità. Dichiara infatti si essersi presentato volontariamente presso la Caserma dei Carabinieri, distante poche centinaia di metri da casa sua, manifestando la volontà di non voler stare a casa con la moglie, a causa di un litigio.

Con il secondo contesta invece il rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis. c.p perché la decisione impugnata non ha tenuto conto della scarsa intensità del dolo e dell'offesa arrecata con la sua condotta e si è basata solo sul fatto incerto dell'arbitrarietà della propria condotta nel decidere di recarsi presso la Caserma dei Carabinieri.

Per il reato di evasione non rileva la ragione dell'allontanamento

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3651872020 annulla senza rinvio la decisione impugnata perché il fatto non è punibile a causa della tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis c.p.

Per quanto riguarda però il primo motivo del ricorso, gli Ermellini ritengono che sia infondato perché "integra il reato di evasione la condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere, in quanto il dolo generico del reato richiede la mera consapevolezza e volontà di allontanarsi dal domicilio."

In riferimento al caso particolare in cui l'imputato si allontani dal domicilio per andare in Caserma e fare presente di voler rientrare in carcere, adducendo l'insostenibilità della convivenza con i propri familiari, la Cassazione, dopo avere illustrato due opposti orientamenti, dichiara di aderire a quello maggioritario secondo il quale "il dolo del reato di evasione per abbandono del luogo degli arresti domiciliari è generico, essendo necessaria e sufficiente - in assenza di autorizzazione - la volontà di allontanamento nella consapevolezza del provvedimento restrittivo a proprio carico, non rivestendo alcuna importanza lo scopo che l'agente si propone con la sua azione."

Fondato invece per la Cassazione il secondo motivo, se solo si considerano le modalità con cui si è svolta l'evasione. Dalla sentenza si evince infatti, senza che siano necessari ulteriori accertamenti, la non abitualità e la minima offensività della condotta di evasione per la breve durata dell'allontanamento e per il fatto che il soggetto ha lasciato l'abitazione in cui era agli arresti al solo scopo di sottoporsi al controllo diretto delle forze di polizia.

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Scarica pdf Cassazione n. 36518/2020

Foto: 123rf.com
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