E' possibile ottenere la restituzione delle somme versate per organizzare la cerimonia? Ecco cosa fare in caso di annullamento delle nozze per coronavirus

Nozze annullate per covid-19: danno e beffa per i nubendi

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I vari provvedimenti governativi volti al contenimento della diffusione dell'epidemia da covid-19 hanno posto severe restrizioni agli spostamenti, sia nazionali che internazionali, e alla libertà di riunirsi.

Tali provvedimenti hanno impedito anche la celebrazione di matrimoni e, conseguentemente, i relativi banchetti (si veda il DPCM del 9/03/2020, che ha esteso a tutto il territorio nazionale il divieto di assembramento, sia in luogo pubblico che aperto al pubblico, e la sospensione degli eventi che ivi si tengono, inizialmente previsti dal DPCM dell'08/03/2020 solo per alcune zone del nostro Paese).

Pertanto, in un contesto caratterizzato da grosse incertezze sul futuro e sulla possibilità di ritornare a celebrare in tutta normalità questo genere di eventi, numerose coppie di "promessi sposi" hanno deciso di annullare le nozze da tempo programmate. Con conseguenti ingenti danni non solo per il settore economico di riferimento, ma anche - e soprattutto - per chi deve fronteggiare i costi legati alle nozze; sicché ci si chiede se sia possibile ottenere la restituzione delle somme di danaro versate a titolo di caparra o sotto forma di acconti a favore di agenzie matrimoniali, organizzatori di eventi, alberghi e ristoranti ove si sarebbero dovute celebrare le nozze.

Come riottenere il danaro speso per l'organizzazione: l'impossibilità sopravvenuta

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Per i matrimoni e i ricevimenti che si sarebbero dovuti celebrare nei mesi in cui l'emergenza sanitaria era nel pieno della sua evoluzione e diffusione (facciamo riferimento essenzialmente al periodo primaverile, durante il quale vi è stato il lockdown, ossia il periodo che va da marzo a maggio 2020) e per i quali i "promessi sposi" avevano stipulato contratti con hotel, ristoranti od agenzie organizzatrici di eventi, gli interessati possono invocare l'applicazione dell'art. 1256 c.c., ai sensi del quale l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Se l'impossibilità è solo temporanea (quindi, non assoluta), il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia, l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

E' possibile invocare, inoltre, l'art. 1463 c.c., il quale stabilisce che nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta - e non preventivabile né evitabile al momento della stipulazione del contratto - impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, ed è tenuta a restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (artt. 2033 e ss. c.c.)[1]. L'emergenza scaturita dalla diffusione del Coronavirus rientra sicuramente nella fattispecie dell'impossibilità sopravvenuta[2], non imputabile al debitore, assoluta ed obiettiva[3], dato che l'Organizzazione Mondiale della Sanità l'ha classificata, con Dichiarazione dell'11/03/2020, come una vera e propria Pandemia.

Perdita di interesse alla celebrazione: l'essenzialità del termine

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Qualora una coppia di nubendi avesse firmato un contratto con una struttura ricettiva per l'organizzazione del ricevimento in una data certa, messa nero su bianco all'interno del contratto stesso, potrebbe essere tirato in ballo anche il concetto di termine essenziale.

Relativamente all'essenzialità del termine, una consolidata giurisprudenza afferma che "In tema di obbligazioni contrattuali, il termine per l'adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., solo quando, all'esito dell'indagine contrattuale, da condurre alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell'oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo. Tale volontà non può desumersi solo dall'uso dell'espressione 'entro e non oltre' quando non risulti dall'oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l'utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata[4]".

Sicché i giudici di merito dimostrano di andare oltre il mero dato letterale sancito nell'accordo contrattuale, dando maggiore rilevanza al risultato globale che le parti intendono perseguire mediante quella specifica operazione economica. In quest'ottica, se il matrimonio, fissato anzi tempo per la data X, non può celebrarsi entro tale giorno per cause superiori non volute dai due futuri sposi (è questo il caso della Pandemia da covid-19), essi potrebbero non avere più interesse a svolgere la cerimonia in quella determinata location, proprio perché hanno interesse a che la cerimonia si tenga esclusivamente in quel giorno X, decorso il quale viene meno tale interesse e il contratto diventa risolubile ex art. 1457, co. 2 c.c.; con la conseguenza che i "promessi sposi" potrebbero a questo punto chiedere la risoluzione del contratto e la restituzione delle somme eventualmente versate all'albergo o al ristorante, in virtù di un fatto impeditivo sopravvenuto e da loro non voluto né controllabile.

Caparre ed acconti: occhio a cosa è stato versato!

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Cosa succede, invece, se i futuri sposi versano uno o più anticipi per "bloccare" la sala ricevimenti, senza firmare alcun contratto? La risposta a tale quesito varia a seconda della natura e delle caratteristiche dagli accordi verbali intercorsi tra le parti, così come risultano dalla (eventuale) relativa documentazione bancaria. In particolare, qualora la causale del bonifico di pagamento dell'anticipo presentasse la dicitura "versamento caparra", la somma versata non dovrà essere restituita ai nubendi. Nel silenzio del Codice del consumo, infatti, per la disdetta del ricevimento nuziale si fa riferimento alle regole generali del Codice civile: se viene espressamente richiesta una caparra "penitenziale" secondo gli usi e le consuetudini il ristorante o la struttura ricettiva, dopo aver incamerato la somma, non può agire per ulteriori risarcimenti; se, invece, la caparra richiesta per l'organizzazione delle nozze è "confirmatoria", il ristorante può agire per il risarcimento del danno, oltre ad incamerare la caparra ex art. 1385 c.c., purché però lo dimostri, per esempio provando che ha già sopportato delle spese o che ha dovuto rifiutare un'altra prenotazione per la data concordata con i nubendi. Per legge il contratto deve stabilire che andrà restituito il doppio della caparra se è il ristoratore a rinunciare al servizio: qualora questa previsione non fosse riportata, la disdetta sarà gratuita anche per gli sposi[5]. Se, invece, la causale del bonifico è semplicemente "cauzione", "anticipo", "acconto" e simili, allora la somma dovrà essere restituita ai nubendi[6].

Una soluzione sui generis: la cd. presupposizione

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In alternativa alle soluzioni sopra prospettate, alla fattispecie in esame può applicarsi un altro istituto civilistico che consente agli sfortunati innamorati di beneficiare del medesimo grado di tutela. Si tratta della cd. "presupposizione", la cui disciplina non è rinvenibile nel Codice civile ma è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiane a partire dagli anni '30 dello scorso secolo. Nello specifico e più di recente, la Corte di Cassazione l'ha definita come quell'avvenimento futuro e incerto, taciuto dalle parti ma dato per presupposto, da cui dipende l'efficacia del contratto stesso[7], e ne ha riconosciuto espressamente l'operatività all'interno del nostro ordinamento[8]. In altre parole, per presupposizione si intende quella condizione non sviluppata o quel presupposto non dichiarato dalle parti nel contratto il cui venir meno o il cui verificarsi è del tutto indipendente dall'attività e dalla volontà dei contraenti, dalla cui sussistenza e verificazione dipende l'efficacia stessa del contratto, giacché ritenuto per le parti stesse indispensabile ai fini della proficua realizzazione degli scopi contrattuali. Il caso in esame rientra pienamente entro tali confini teorici: infatti, il contratto di servizio stipulato con l'organizzatore del banchetto di matrimonio o con il gestore della villa scelta dai nubendi quale teatro dei loro festeggiamenti trova il proprio presupposto e realizza la propria finalità solo nel caso in cui la celebrazione e i festeggiamenti si tengano entrambi nel periodo concordato. In tale ipotesi, se i festeggiamenti venissero rimandati perché vietati dalla normativa d'urgenza emanata per contrastare la diffusione della Pandemia da covid-19, il contratto perderebbe di efficacia, in quanto è evidente che entrambe le parti, al momento della stipula del contratto, potevano dirsi consapevoli, pur non avendolo esplicitato entro le clausole negoziali, che esso fosse stipulato subordinatamente all'evento in questione.

Declinazioni pratiche della presupposizione

Partendo dalla figura della presupposizione, dottrina e giurisprudenza sono giunte a due declinazioni pratiche diverse, ma caratterizzate dal medesimo risultato finale. In particolare, la dottrina si è servita del disposto dell'art. 1366 c.c., per il quale il contratto va interpretato secondo buona fede, ravvisando in esso il principio generale da cui discende l'istituto della presupposizione: infatti, considerata la consapevolezza in capo alle parti dell'importanza che il particolare presupposto riveste nel complessivo assetto di interessi alla cui realizzazione è teso il contratto, sarebbe contrario a buona fede pretendere l'adempimento anche dopo il venir meno del presupposto medesimo; pertanto, la prestazione del contraente insoddisfatto diverrebbe inesigibile. La giurisprudenza, invece, giunge a conclusioni identiche a quelle a cui conduce l'applicazione dell'art. 1463 c.c.: se, infatti, l'oggetto perde di interesse per uno dei contraenti (diviene impossibile celebrare e festeggiare il matrimonio con la totalità degli invitati a causa delle misure restrittive emanate dall'Esecutivo), si può ricorrere all'istituto dell'impossibilità sopravvenuta e, in ogni caso, a quello dell'inesigibilità secondo il criterio della buona fede ex artt. 1175, 1366 e 1375 c.c. Pertanto, i nubendi potranno anche in questo caso chiedere la risoluzione del contratto e resistere alla pretesa dell'altra parte volta all' adempimento della controprestazione, oltre a pretendere da quest'ultima la restituzione delle somme eventualmente corrisposte a titolo di acconto[9].

È possibile non intaccare i versamenti effettuati: il voucher salva-vacanza

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In virtù del combinato degli artt. 1256 e 1463 c.c., dunque, i nubendi che abbiamo versato tempo prima dell'imperversare del virus delle somme di denaro a titolo di caparra o di acconto a favore di hotel o ristoranti per bloccare la location delle nozze e che si trovino ora nell'impossibilità sopravvenuta per covid-19 di dare corso al contratto, possono chiedere la risoluzione del contratto stesso, con diritto alla restituzione delle somme versate. Tuttavia, nulla vieta che le parti si accordino per rinegoziare il contratto, spostandone l'esecuzione ad altra data e tenendo fermo l'acconto già versato[11].

E' questa la logica sottesa dall'art. 88 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, il quale riconosce la possibilità alla struttura ricettiva di creare un particolare titolo di credito, chiamato "voucher salva-vacanza". Questo documento viene rilasciato a coloro che, dopo aver prenotato o acquistato un soggiorno e dopo aver versato il relativo prezzo o una parte di esso, si trovano costretti a rinunciare al viaggio o all'evento programmato per una delle ragioni indicate dal provvedimento normativo, tra le quali rientrano anche i divieti imposti dalle autorità amministrative per contrastare la diffusione del virus. Il voucher in questione, dal valore pari agli importi complessivamente versati dall'acquirente i servizi turistici o inferiore ma con rimborso della differenza di prezzo, è valido per tutte le strutture ricettive italiane aderenti e a prescindere dalla nazionalità del cliente e dalla sede dell'agenzia di viaggio o del portale internet tramite cui è stata effettuata la prenotazione, e può essere utilizzato entro un anno dalla sua emissione.


[1] P. Pirone, "Matrimonio annullato per Covid-19: come ottenere la risoluzione contrattuale per la cerimonia saltata", aprile 2020, disponibile qui: https://www.investireoggi.it/fisco/matrimonio-annullato-per-covid-19-come-ottenere-la-risoluzione-contrattuale-per-la-cerimonia-saltata/.

[2] A. Principe, "Nozze annullate per Covid? Ecco come recuperare la caparra", maggio 2020, disponibile qui: https://www.cosenzachannel.it/2020/05/15/nozze-annullate-per-covid-ecco-come-recuperare-la-caparra/.

[3] M.F. Marrara, "Restituzione della caparra versata alla struttura ricettiva per l'annullamento delle nozze cusa Covid-19", maggio 2020, disponibile qui: http://www.salvisjuribus.it/restituzione-della-caparra-versata-alla-struttura-ricettiva-per-lannullamento-delle-nozze-causa-covid-19/.

[4] Tribunale Roma Sez. X, sentenza n. 9625, 2 maggio 2014; cfr., nello stesso senso, anche Tribunale Salerno Sez. I, sentenza n. 750, 18 maggio 2013.

[5] Unione Nazionale Consumatori, "Vuoi tu un matrimonio senza fregature? Sì, lo voglio! ", marzo 2019, disponibile qui: https://www.consumatori.it/acquisti/matrimonio-senza-fregature/.

[6] G. Bruno, "Restituzione anticipo versato per bloccare sala ricevimenti per festa matrimoniale", disponibile qui: https://www.avvocatogratis.it/diritto-privato_/1138-restituzione-anticipo-versato-per-bloccare-sala-ricevimenti-per-festa-matrimoniale.html#.X3w0RsIzbcs.

[7] Cass. Civ. Sez. III, sentenza n. 12235, 25 maggio 2007 disponibile qui: http://www.personaemercato.it/wp-content/uploads/2009/09/cass-25-maggio-2007-n-12235.pdf.

[8] Cass. Civ. Sez. II, sentenza n. 15025, 14 giugno 2013 massima disponibile qui: https://www.e-glossa.it/wiki/cass._civile,_sez._ii_del_2013_numero_15025_(14$$06$$2013).aspx.

[9] N. Tognon, "Matrimonio annullato causa Coronavirus: quali rimedi?", maggio 2020, disponibile qui: https://www.scuoladilegge.it/matrimonio-annullato-causa-coronavirus-quali-rimedi/.

[10] Non possono invece richiedere indennizzi o risarcimenti del danno, perché la responsabilità della mancata prestazione non può ascriversi neppure a colui che avrebbe doveva eseguirla. Cfr., sul punto, M. Giglio, "Coronavirus ed i suoi effetti sulla mancata celebrazione delle cerimonie", aprile 2020, disponibile qui: https://spazioaldiritto.it/?p=1869. Ancora, cfr. P. Baroni, "Coronavirus, ecco la guida a tutti i rimborsi", marzo 2020, disponibile qui: https://www.lastampa.it/economia/lavoro/2020/03/23/news/coronavirus-ecco-la-guida-a-tutti-i-rimborsi-1.38625070.

[11] M. Di Rocco, "Matrimonio rimandato per il Covid-19? Il ristorante deve restituire la caparra", aprile 2020, disponibile qui: https://www.ilsole24ore.com/art/matrimonio-rimandato-il-covid-19-ristorante-deve-restituire-caparra-ADkYH4H.


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