Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa invita l'Italia a non abbassare la guardia sulla violenza di genere e a fornire dati completi sul fenomeno

Il caso Talpis

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Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, con la decisione del 1 ottobre 2020 (sotto allegata) si dice non ancora soddisfatto delle misure messe in atto dall'Italia contro la violenza domestica. Prima di entrare nel cuore della decisione però ricordiamo che l'Italia è stata bacchettata dall'organo esecutivo europeo per la carenza di misure efficaci per contrastare la violenza domestica, dopo l'emblematico caso Talpis.

Per questa vicenda all'Italia è stata contestata la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione Europa per il modo in cui le autorità non sono riuscite a impedire che il marito tentasse di uccidere la moglie e riuscisse ad assassinare il figlio adottivo, intervenuto per difendere la madre dalle aggressioni dell'uomo.

La Corte d'Assise d'Appello inizialmente condanna l'uomo a 20 anni di carcere e dopo il secondo appello, celebrato dopo che la Cassazione accoglie le tesi difensive del legale dell'imputato, la pena dell'ergastolo è esclusa per l'assenza di un legame di sangue con la vittima.

A questo punto il legale della parte civile solleva questione d'illegittimità costituzionale, censurando la disparità di trattamento prevista dal codice penale tra figli legittimi e figli adottivi, la Consulta però non la prende in considerazione.

Le misure dell'Italia contro la violenza di genere

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Nel corso degli ultimi anni, dopo il caso Talpis, l'Italia ha adottato tutta una serie di provvedimenti e misure finalizzate a contrastare la violenza di genere:

  • allineamento della legislazione interna ai principi sanciti dalla Convenzione di Instanbul del 2013;
  • rafforzamento delle funzioni dei giudici e delle forze dell'ordine;
  • istituzione di una Commissione Parlamentare per indagare sull'entità del fenomeno;
  • adozione della legge n. 69/2019 con cui si aumentano le pene dei reati, si introducono nuove figure di delitto (lesioni permanenti al viso), si stanziano fondi per gli orfani delle vittime di violenza domestica, si introduce l'obbligo per il PM di ascoltare le vittime entro 3 giorni dalla domanda, si istituiscono corsi di formazione obbligatori per le forze dell'ordine sulla violenza di genere.

In questi anni aumenta anche l'informazione sui 281 centri anti-violenza presenti sul territorio, per fornire assistenza legale e accoglienza alle donne vittime di violenza domestica.

Rilievi, critiche e richieste del Comitato

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Il Comitato rileva che: "dopo il primo esame di questo caso da parte del Comitato dei Ministri nel giugno 2018, le autorità italiane hanno continuato i loro sforzi per progettare e attuare politiche olistiche per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la discriminazione di genere."

Ritiene tuttavia "deplorevole che le autorità abbiano fornito solo informazioni parziali in risposta all'ultima decisione del Comitato che non consente di valutare appieno se le misure adottate abbiano rimediato alle carenze rivelate dalla sentenza. È quindi fondamentale che le autorità forniscano rapidamente informazioni complete e dati statistici sull'impatto delle misure adottate come richiesto dal Comitato."

"Nella loro relazione sull'azione, le autorità ritengono di aver adempiuto ai loro obblighi ai sensi dell'articolo 46 e chiedono che l'esame del caso venga chiuso. Il proseguimento della supervisione del Comitato sull'esecuzione di questa sentenza è tuttavia necessario per garantire che le restanti questioni, relative in particolare all'attuazione del quadro giuridico messo in atto per proteggere le donne dalla violenza domestica e di genere, siano affrontate rapidamente" anche perché nonostante gli sforzi " i pregiudizi e gli atteggiamenti che alimentano ancora la violenza e la discriminazione di genere persistono in Italia."

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Scarica pdf Comitato dei Ministri 1 ottobre 2020

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