Per il codice penale viene meno l'aggravante del vincolo di sangue

di Gabriella Lax - Se il figlio è adottivo viene meno l'aggravante del legame di sangue e la pena prevista non è l'ergastolo. Così ha deciso la corte di Cassazione in relazione a un delitto commesso a Remanzacco (Udine).

I fatti

Era la sera del 26 novembre 2013 quando Andrei Talpis, 57 anni, moldavo, uccise a coltellate il figlio diciannovenne che tentava di difendere la madre. L'uomo era stato accusato anche di tentato omicidio della moglie Elisaveta, sua coetanea e connazionale. Proprio dall'ennesima violenta lite tra i genitori era nato lo scontro corpo a corpo che aveva portato il giovane alla morte per una coltellata del padre adottivo.

L'uomo fu condannato all'ergastolo in primo e secondo grado. Per i giudici della suprema corte però il processo è da rifare: il moldavo non può essere condannato al carcere a vita perché il figlio era adottivo.

Il figlio era adottivo, niente ergastolo

Dunque si andrà a un nuovo processo poiché il codice penale, mantiene la distinzione coi figli legittimi e resta esclusa l'aggravante specifica e l'ergastolo.

Tra Talpis ed il figlio, adottato in Moldavia, non esisteva un rapporto di consanguineità.

Dal punto di vista civilistico, infatti, è stabilita la parificazione di status con i figli legittimi fatta dalla legge. Ma, per il codice penale, al contrario, la distinzione non solo rimane, ma serve ad escludere l'aggravante specifica che, in relazione all'esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo presunto assassino, nel caso di omicidio prevede la pena dell'ergastolo, cui era stato effettivamente condannato il moldavo. Nel caso di specie, Talpis era stato condannato dal gup di Udine nel 2015, con conferma della condanna da parte della Corte d'assise d'appello di Trieste nel 2016.

La Suprema corte ha disposto anche la trasmissione degli atti alla Corte d'assise d'appello di Venezia per quantificare la pena, che non potrà essere inferiore a 16 anni di reclusione.

Italia già condannata dalla Cedu

Sulla vicenda giudiziaria si era già espressa la Corte europea dei diritti umani condannando il nostro Paese al pagamento della somma di 30mila euro alla moglie del moldavo perché, nonostante le richieste d'aiuto, non aveva fatto abbastanza per proteggere lei e i figli dalle continue violenze domestiche del marito.

Leggi in merito: Cedu: l'Italia ha avallato la violenza sulle donne, condannata

La decisione dei giudici di Strasburgo era stata presa in violazione dell'articolo 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti umani.

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Foto: 123rf.com
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