Nel deposito bancario (art. 1834 c.c.) la banca acquista la proprietà delle somme ed è obbligata a restituirle alla scadenza o a richiesta del depositante

Cos'è il deposito bancario

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Il deposito bancario di cui all'art. 1834 del codice civile è un contratto molto comune nella pratica, con il quale il cliente deposita presso la propria banca una somma di denaro, di cui quest'ultima diventa proprietaria.

La banca, da parte sua, si impegna a restituire tale somma alla scadenza del contratto oppure a seguito di richiesta del depositante.

Il deposito risponde all'interesse del cliente di non detenere una certa somma di denaro, solitamente per prevenire le conseguenze di un eventuale furto. Inoltre egli sarà destinatario degli interessi che la banca è tenuta a corrispondere sulle somme depositate.

Quest'ultima, raccogliendo il denaro in questo modo dalla clientela, ha la possibilità di finanziare i propri investimenti e operare la concessione di mutui e prestiti.

L'obbligo di restituzione delle somme

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La dinamica contrattuale sopra descritta rientra nello schema del deposito irregolare, poiché, a differenza di quanto accade nel deposito di cose mobili non fungibili, si realizza il trasferimento di proprietà in capo al depositario. In pratica, è una dinamica analoga a quella del contratto di mutuo, a parti invertite.

Quanto alla richiesta del depositante, che fa scattare l'obbligo di restituzione del denaro da parte della banca, questa deve solitamente essere preceduta da un preavviso, nel termine stabilito dai contraenti o dagli usi.

In ogni caso, spesso il contratto di deposito si accompagna a un rapporto di conto corrente, che consente al cliente di effettuare liberamente ulteriori versamenti o prelievi.

In argomento, v. anche la nostra guida alle cassette di sicurezza.

Il libretto di deposito a risparmio

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Qualora il deposito sia accompagnato da un libretto di deposito a risparmio, quest'ultimo fornisce piena prova dei movimenti in entrata e in uscita che su di esso siano annotati dal funzionario di banca (art. 1835 c.c.; la prova che l'annotazione sia stata effettuata dall'impiegato allo sportello spetta al cliente: v. Cass. 9277/14).

Il libretto può essere nominativo o al portatore. In quest'ultimo caso, la banca è liberata quando restituisca le somme depositate al possessore del libretto, se nel fare ciò non incorra in dolo o colpa grave (art. 1836 c.c.).

Deposito di titoli

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Se invece si tratta di deposito di titoli, l'istituto è tenuto ad esigere i relativi dividendi e interessi, curandone la riscossione per conto del cliente.

In tale contesto, la banca deve operare con l'ordinanza diligenza: l'ultimo comma dell'art. 1838 c.c. vieta ogni patto che esoneri la banca dall'osservanza di tale canone di comportamento.

Il diritto agli interessi

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Come detto, l'interesse del cliente alla conclusione di un deposito bancario non risiede solo nel "mettere al sicuro" i propri risparmi, ma mira anche al conseguimento degli interessi dovuti dalla banca.

A tal proposito, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che l'obbligo di corresponsione degli interessi non deriva dalla facoltà che ha il depositante di chiederne la restituzione, ma discende dalla disciplina generale del deposito irregolare e quindi dal mero fatto che le somme si trovino nella disponibilità della banca.

La Corte ha chiarito che, per tale motivo, il deposito bancario genera interessi anche nel caso in cui il credito del cliente nei confronti della banca sia temporaneamente inesigibile, ad esempio per sequestro o pignoramento (v., tra le altre, Cass. n. 17945/03).


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