Le Sezioni Unite della Cassazione si pronunciano sul mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie in materia di telecomunicazioni e sulla sua compatibilità col procedimento monitorio

di Lucia Izzo - Il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, prima di introdurre una controversia in materia di telecomunicazioni, dà luogo a improcedibilità della domanda e non alla improponibilità.

Inoltre, in tema di controversie tra le società erogatrici dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti, non è soggetto all'obbligo di esperire il preventivo tentativo di conciliazione previsto dall'art. 1 comma 11 della L. 249/1997 chi intenda richiedere un provvedimento monitorio poiché il preventivo tentativo di conciliazione è strutturalmente incompatibile coi procedimenti privi di contraddittorio o a contraddittorio differito.

Controversie compagnie telefoniche: l'intervento delle Sezioni Unite

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Sono i principi precisati recentemente dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nelle sentenze n. 8240 e 8241 del 28 aprile 2020 (sotto allegate). In entrambi i casi, seppur sotto diversi profili, viene richiesto al Supremo Consesso nomofilattico di fornire risposte in ordine all'art. 1 comma 11 della legge n. 249/1997 (che ha istituito l'Autorità per le Garanzie nelle Telecomunicazioni e ha regolamentato i sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo).

Telecomunicazioni: tentativo di conciliazione a pena di improcedibilità

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Nella sentenza n. 8241/2020, viene richiesto se con la suddetta norma il legislatore abbia introdotto, nella materia delle telecomunicazioni, l'obbligatorietà del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione a pena di improcedibilità o di improponibilità della domanda.

Richiamando precedenti della giurisprudenza nazionale e comunitaria, le Sezioni Unite affermano che il mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dall'art. 1 della legge n. 249/1997 per poter introdurre una controversia in materia di telecomunicazioni, dia luogo alla improcedibilità e non alla improponibilità della domanda.

A fronte di ciò, il giudizio non si chiude con una pronuncia in rito, ma il giudice deve sospendere il giudizio e fissare un termine per consentire alle parti di dar luogo al tentativo, per poi proseguire il giudizio dinanzi a sé.

In questo caso, precisano le Sezioni Unite, l'improcedibilità opera con riguardo alla salvaguardia egli effetti sia sostanziali che processuali della domanda e con effetto sospensivo del giudizio. Ciò si ricava sia dalla disciplina delle principali ipotesi di tentativo obbligatorio di conciliazione preesistenti all'introduzione di quello in materia di telecomunicazioni, sia dalla disciplina successiva e generale dettata dall'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, introduttivo, in riferimento a un'ampia serie di materie, del preventivo tentativo di mediazione obbligatorio.

In tutti questi casi, la mancata instaurazione di tale procedimento determina un rinvio dell'udienza (per cui restano validi gli atti compiuti e ferme le preclusioni già maturate) a un momento successivo al termine concesso dal giudice per dar luogo o per concludere il tentativo.

Telecomunicazioni e tentativo di conciliazione nel procedimento monitorio

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Particolarmente interessante è la questione trattata dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 8240/2020 che riguarda l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 1, comma 11, della legge n. 294/1997 e dalla delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni 182/02/CONS prima del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

Ritenendo che il ricorso ex art. 633 c.p.c. non debba essere preceduto dal tentativo di conciliazione nella specifica materia delle telecomunicazioni, le Sezioni Unite confermano la soluzione adottata da una precedente sentenza di legittimità (Cass. sent. n. 25611/2016) secondo cui, in materia di telecomunicazioni, il tentativo obbligatorio di conciliazione non è espressamente richiesto (a pena di improcedibilità) prima dell'emissione del decreto ingiuntivo e non è in assoluto compatibile con la struttura e la finalità del procedimento monitorio in quanto esso presuppone un giudizio che si svolga nel contraddittorio attuale tra le parti.

Infatti, il decreto ingiuntivo e la procedura di mediazione obbligatoria (ove richiesta) rispondono entrambi, sebbene siano strumenti del tutto diversi, all'esigenza di dare una celere ed efficace risposta di giustizia, che, in presenza delle condizioni di emissione del decreto ingiuntivo, si traduce nell'adozione di un provvedimento adottato inaudita altera parte, a contraddittorio differito, in favore del creditore munito di prova scritta.

Un "obbligo" di svolgere il previo tentativo di conciliazione prima del procedimento monitorio non sarebbe con conforme neppure con la normativa e con la giurisprudenza europea: questa ha promosso, da un lato, la mediazione e tutte le altre forme di ADR prevedendole come facoltative, ma dall'altro ha più volte affermato la legittimità della normativa statale che le abbia imposte come obbligatorie, purchè siano adottate varie cautele, in modo tale da non rivelarsi meccanismi controproducenti, defatiganti, atti a rendere eccessivamente complesso o oneroso il ricorso alla giustizia ordinaria.

Tuttavia, l'esclusione del previo esperimento del tentativo di conciliazione dalla fase che precede la richiesta e l'emissione del decreto ingiuntivo, in materia di telecomunicazioni, non esclude la possibilità di ricorrere a una forma di risoluzione alternativa della controversia in un diverso momento, successivo ed eventuale, ovvero quando, con la proposizione della opposizione a decreto ingiuntivo, si apre la via del giudizio di cognizione ordinaria.

Scarica pdf Cassazione Sezioni Unite sent. 8240/2020
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