Il Tribunale di Ferrara "salva" l'educatrice licenziata per maltrattamenti. Insufficienti i riscontri dalle testimonianze dei familiari, suggestionati e allarmati dai contatti via chat su WhatsApp

di Lucia Izzo - Dalle dichiarazioni di una bambina, che racconta di aver subito maltrattamenti, origina un clima di crescente diffidenza nei confronti dell'educatrice del micronido. Perplessità che i genitori condividono con le famiglie dei suoi compagni di classe, per cercare riscontri e comunanze, conferme o smentite.

E dalle telefonate si passa agli scambi di messaggi su un gruppo Whatsapp creato ad hoc dove si tirano le somme di preoccupazioni ormai tramutatesi in allarmanti sospetti. Scattano le prime segnalazioni all'istituto, che si vede costretto prima a sospendere e poi a licenziare la dipendente, seguite da una pioggia di denunce nei confronti della donna.

E se per il giudice penale tali accuse sono prive di fondamento e pertanto l'imputata deve essere assolta, a favore dell'educatrice si esprime anche il Tribunale di Ferrara che ritiene illegittimo il suo licenziamento ante tempus intimatole per giusta causa dalla datrice di lavoro. Mancano prove e riscontri.

Dalle testimonianze dei genitori emergono, infatti, dinamiche caratterizzate da suggestioni capaci di deformare la realtà dei fatti. Inoltre, la vicenda non è stata gestita al meglio dalla parte datoriale e non ha consentito di svolgere investigazioni efficaci circa le condotte di cui la dipendente era sospettata.

È questa, in breve, la conclusione a cui giunge la sezione lavoro che nella sentenza n. 161/2019 (sotto allegata) ritiene illegittimo il licenziamento per giusta causa dell'educatrice, in servizio part-time con contratto a tempo determinato, presso una scuola d'infanzia privata e laica gestita da una società che forniva servizi di asilo nido.


Le accuse di maltrattamenti

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La donna è accusata di aver maltrattato una bambina di due anni, ospite dell'asilo, che aveva riferito ai familiari di essere stata sculacciata e picchiata dall'educatrice. Allarmati dalle sue dichiarazioni, i genitori si erano dapprima confrontati con i familiari degli altri piccoli e poi avevano avanzato una segnalazione all'istituto lamentandosi dei comportamenti inappropriati dell'educatrice.


Nei confronti della donna scattava la sospensione cautelare dal sevizio, seguita dalla contestazione disciplinare e poi dal licenziamento in tronco, prima della scadenza naturale del rapporto lavorativo, a seguito di ulteriori segnalazioni e doglianze circa le sue scorrettezze nei confronti di altri bambini.


Analizzando l'addebito, il Tribunale evidenzia come esso non si fondi su un'attività istruttoria circa l'operato della lavoratrice, bensì esclusivamente su fatti riferiti dalla bambina di poco più di due anni ai propri familiari i quali, a loro volta, li hanno poi riferiti alla scuola unitamente alla descrizione di alcuni comportamenti della minore ritenuti da loro sintomatici di condotte inappropriate tenute all'interno della scuola dall'educatrice.

Assenza di riscontri oggettivi

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Tali fatti, secondo il magistrato, risultano privi di qualsiasi riscontro oggettivo. La donna, che aveva sempre negato ogni addebito, non era alla sua prima esperienza come educatrice nelle scuole dell'infanzia private (compresa quella da cui è stata poi licenziata), e mai aveva dato adito ad alcun dubbio o sospetto in ordine al suo comportamento professionale. Addirittura, alcuni genitori avevano iscritto i propri piccoli presso il micronido proprio per affidarli a lei, con cui si erano trovati bene in una precedente struttura.


La correttezza del comportamento dell'educatrice e l'assenza di ulteriori segnalazioni nei suoi confronti sono confermate anche dalle colleghe e dalla psicologa dell'età evolutiva, sentita quale testimone, che aveva svolto un'attività di osservazione circa le "dinamiche di come si muovevano i bambini in presenza di questa educatrice", senza riscontrare nulla di anomalo.


Anche il procedimento penale a suo carico si era concluso con una piena assoluzione. Il magistrato evidenzia come l'onda accusatoria contro l'educatrice era sorta a seguito delle dichiarazioni di alcuni genitori e come, da quel momento, le famiglie dei bambini avevano iniziato a ricondurre episodi di irascibilità, stress e piccole regressioni al comportamento dell'educatrice.


I genitori, infatti, avevano parlato tra loro e avevano condiviso i propri sospetti, prima tramite telefonate reciproche e poi giungendo addirittura a creare un gruppo di WhatsApp per confrontarsi tra loro, scovare comunanze e atteggiamenti simili tra i loro bambini.

Gruppi Whatsapp e contatti tra genitori idonei a suggestionare

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Le percezioni, inizialmente semplici sospetti, si erano poi tradotte in esplicite segnalazioni e nella decisione successiva di presentare esposti e ritirare i figli dalla struttura.


E nello svolgimento dell'istruttoria aveva iniziato a farsi largo l'ipotesi che, nel gruppo dei genitori, qualcuno avesse avuto la tendenza a drammatizzare o esagerare dinamiche che magari possono rientrare anche nella normalità di una struttura come l'asilo nido.


Secondo il magistrato, non può escludersi che si sia "innescato un fenomeno suggestivo ed auto-suggestivo tale per cui eventuali atteggiamenti di rigidità e severità dell'educatrice o di antipatia di alcuni bambini verso l'educatrice si siano venuti a trasformare in veri e propri maltrattamenti, sino al punto che, a seguito della sospensione dal servizio della dipendente, sono scattate a catena le allarmate denunce in Questura".


Tale dinamica nel gruppo dei genitori è stata posta in evidenza anche nella sentenza penale di assoluzione dell'educatrice, secondo cui il quadro che emerge da tutte le testimonianze "si caratterizza per il modo graduale e di crescente allarme con cui i genitori avevano colto alcuni segnali di disagio dei propri figli collegandoli con la frequenza degli stessi presso l'Asilo Nido".

Ancora, "è all'interno di questa dinamica progressiva, in cui si sono innestate inevitabilmente anche componenti di suggestione, che si deve affermare l'oggettiva insufficienza di riscontri desumibili da tali testimonianze".

La cattiva gestione datoriale

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Se, da un lato, la sentenza ribadisce l'importanza che, in simili situazioni, assume l'indagine e l'esame psicologico del minore vittima di abuso, attesa la centralità assunta nella genesi della segnalazione dei fatti, dall'altro si sottolinea come l'intera vicenda sia stata mal gestita dalla parte datoriale.

La titolare, a seguito delle lamentele dei genitori per comportamenti inappropriati, si era subito attivata promuovendo un confronto tra i costoro e l'educatrice e allertando la psicologa. Tuttavia, informando subito l'educatrice dei sospetti nutriti dai coniugi, ha di fatto ostacolato la possibilità di svolgere una successiva efficace attività investigativa volta ad acquisire riscontri circa le gravi condotte di cui ella era sospettata.

La stessa attività di osservazione svolta dalla psicologa infantile non poteva condurre ad alcun risultato significativo, dal momento che essa è stata espletata quando la era già stata avvertita dei sospetti e delle preoccupazioni dei genitori.

Pertanto, viene affermata la illegittimità del licenziamento dal momento che esso, lungi dal fondarsi su elementi sostenuti da riscontri obiettivi, si è basato esclusivamente ed acriticamente sulle affermazioni riportate dai genitori della minore. Per il non giustificato recesso "ante tempus", la lavoratrice ottiene un risarcimento pari ai compensi che avrebbe dovuto maturare fino alla prevista scadenza del contratto.

Scarica pdf Tribunale Ferrare, sent. 161/2019

Foto: 123rf.com
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