La Cassazione consolida i principi espressi dalle Sezioni Unite in materia di assegno divorzile: deve tenersi conto del contributo fornito alla vita familiare e alla formazione del patrimonio

di Lucia Izzo - Nel determinare l'assegno di divorzio, il giudice è tenuto a effettuare una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, tenendo conto, in particolare, del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.


La vicenda in Cassazione

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Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 27771/2019 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo che, a seguito di scioglimento del matrimonio, era stato onerato del pagamento alla ex moglie di un assegno divorzile di 3.500 euro, somma poi ridotta di mille euro dal giudice d'appello.


Una decisione contestata in Cassazione sia dall'ex moglie che dal marito i quali lamentano una violazione o comunque una non corretta applicazione dei criteri per la determinazione del quantum dell'assegno divorzile posti dall'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970.

Assegno divorzile: la nuova giurisprudenza

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Gli Ermellini esaminano la controversia alla luce della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile compendiata nella sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite che ha affermato che il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, ex art. 5, comma 6, L. 898/1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.


Si fa applicazione, dunque, dei criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, che costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.

Natura dell'assegno divorzile

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La Cassazione ribadisce, dunque, che all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.


In particolare, si tiene conto delle aspettative professionali sacrificate e si evita che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, venga finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale: si punta, invece, al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.


Tanto premesso, deve dunque ritenersi superata l'interpretazione, costruita dalla giurisprudenza introdotta con la sentenza n. 11504/2017, di una rigida ripartizione bifasica della determinazione dell'an e del quantum dell'assegno divorzile, della riaffermazione della funzione unicamente assistenziale dell'assegno di divorzio, della perimetrazione del quantum nei limiti della attribuzione di una somma idonea a garantire l'autosufficienza economica al coniuge beneficiario dell'assegno.

Funzione complessa dell'assegno divorzile

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Le Sezioni Unite, infatti, hanno ritenuto tali principi non coerenti alla funzione complessa dell'assegno e alla rilevanza del contributo fornito dal coniuge richiedente al fine di realizzare quella solidarietà post-coniugale che la Costituzione intende garantire al coniuge che ha apportato un contributo rilevante al benessere familiare e che ha sacrificato le proprie potenzialità e aspirazioni lavorative e professionali per dedicarsi alla cura del nucleo familiare.


In questa prospettiva vengono ritenuti fondati ambedue i ricorsi, quello principale del marito e quello incidentale della moglie, entrambi intesi alla rivalutazione del materiale probatorio da parte del giudice del rinvio alla luce della funzione tripartita dell'assegno di divorzio e presuppongono, secondo i giudici, una adeguata valutazione della capacità reddituale ed economica delle parti.


Scarica pdf Cass., VI civ., ord. n. 27771/2019

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