Secondo il ricorso in Cassazione, il comandante della "Sea watch" avrebbe dovuto essere arrestata perché «i titoli di reato consentivano l'arresto, esisteva lo stato di flagranza e venivano rispettati i termini di legge»

di Gabriella Lax - La procura di Agrigento contesta la scarcerazione di Carola Rackete, comandante della nave "Sea watch", attraccata a Lampedusa col suo carico di migranti, nonostante i divieti di legge. E si torna a discutere di un tema che aveva diviso il Paese e ha suscitato l'ira del ministro dell'Interno Matteo Salvini.

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Procura contesta la scarcerazione della Rackete

Secondo il ricorso dei giudici di Agrigento, il comandante della "Sea watch", come riporta Adnkronos, avrebbe dovuto essere arrestata perché «i titoli di reato consentivano l'arresto

, esisteva lo stato di flagranza e venivano rispettati i termini di legge». La sua scarcerazione sarebbe stata «una conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata» riferiscono il Procuratore Luigi Patronaggio, insieme ai pm della Procura di Agrigento nel ricorso presentato in Cassazione contro la mancata convalida dell'arresto decisa dal gip Alessandra Vella. Come scrivono i pm, il gip nell'ordinanza datata luglio «avrebbe dovuto verificare se rispetto alla condotta contestata» alla comandante «il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia scriminante». Ancora, come riporta l'agenzia
, nell'ordinanza «si rileva il vizio di violazione di legge e la mancanza di motivazione, in quanto l'ordinanza impugnata non ha valutato correttamente i presupposti della misura pre-cautelare adottata nelle forme con le quali è chiamata a farlo, procedendo all'erronea non convalida dell'arresto in questione». Secondo i giudici il gip si sarebbe solo limitato «ad affermare tout court che legittimamente Carola Rackete avesse agito poiché spinta dal dovere di soccorrere i migranti. L'impostazione offerta dal gip sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante». Ne consegue che la scarcerazione risulta «errata in ragione della tipologia di controllo che egli è chiamato ad effettuare in sede di valutazione di legittimità dell'arresto
in flagranza operato dalla Polizia giudiziaria - e, sostiene ancora la Procura - Nel corpo motivazionale dell'ordinanza impugnata il Giudice ha ritenuto di non convalidare l'arresto, senza però nulla argomentare né sulla ragionevolezza dello stesso né sulla manifesta configurabilità della causa di giustificazione invocata, giungendo ad emettere un provvedimento di non convalida di arresto del tutto assente di motivazione sul punto».

Motovedetta della finanza è nave da guerra

I giudici nel ricorso in Cassazione, come ricorda AdnKronos, tornano su un altro punto della vicenda: la motovedetta della Guardia di finanza con cui c'è stato un contatto sulla banchina che, secondo il gip non è da considerare "nave da guerra". Di tutt'altro avviso Procura di Agrigento: «Nel caso di specie la motovedetta V808 della Gdf - scrivono i giudici - è iscritta nel naviglio militare dello Stato, reca le insegne militari e del Corpo di appartenenza, il comandante è un maresciallo ordinario della Gdf e riveste lo status militare al pari di tutti gli appartenenti al corpo, è armata con dispositivi di armamenti individuali e di reparto di tipo militare». A tutti gli effetti quindi, in modo diverso da quanto scritto dal gip «la motovedetta sia da qualificare come nave da guerra».


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