L'autonomia dell'anestesista gli impedisce di affidarsi solo all'operato degli altri sanitari. Egli deve infatti compiere tutti gli opportuni accertamenti

di Valeria Zeppilli - L'anestesista non può ritenersi esonerato dall'eseguire gli accertamenti necessari per valutare l'esatto stato di un paziente solo in ragione delle rassicurazioni verbali fattegli da un collega, in quanto nei principi della sua professione rientrano anche gli obblighi di informarsi sulla storia del paziente.

Lo ha ricordato la Corte di cassazione con la sentenza numero 32477/2019 (qui sotto allegata), pronunciandosi sul ricorso di un anestesista avverso la sentenza con la quale era stato condannato per concorso nell'omicidio colposo di una paziente.

La vicenda

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Il medico, in particolare, era accusato di non aver controllato la cartella clinica della vittima, di non aver quindi segnalato carenze ed errori inerenti a dati significativi e di non aver neanche adottato tutte le precauzioni del caso.

Autonomia dell'anestesista

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I giudici, nel corso del giudizio, avevano rilevato che il sanitario, in virtù della sua posizione di anestesista, era dotato di una spiccata autonomia e non poteva quindi affidarsi solo all'operato degli altri medici né contare esclusivamente sull'esperienza e sulle indicazioni dei colleghi, ma doveva piuttosto attivarsi e verificare i dati che gli erano stati comunicati, eventualmente eseguendo ulteriori approfondimenti.

Condotte colpose indipendenti

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Del resto, in caso di condotte colpose indipendenti, l'agente che non ha osservato una regola precauzionale sulla quale si innesta la condotta colposa altrui non può invocare il principio del legittimo affidamento. La sua responsabilità, infatti, "persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità".

Il reato omissivo improprio

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Nella sentenza in commento, la Corte di cassazione ha anche ricordato che "nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere fondato, oltre che su ragionamento deduttivo basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo circa il ruolo salvifico della condotta omessa, elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e focalizzato sulle particolarità del caso concreto".

Scarica pdf sentenza Cassazione numero 32477/2019
Valeria Zeppilli

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