Per la Cassazione, il pubblico ufficiale dovrà accertare l'identità di colui che ha sottoscritto la procura rilasciata all'estero

di Lucia Izzo - Qualora la procura sia stata rilasciata all'estero, il notaio straniero sarà tenuto ad accertare con certezza l'identità della persona che l'ha sottoscritta e che la firma di quest'ultimo sia apposta in sua presenza.


L'autenticazione della firma, avvenuta tramite il procedimento previsto dalla Convenzione dell'Aja, non esime, infatti l'obbligo del notaio di identificare correttamente il soggetto che conferisce la procura.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 17713/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sulla validità di una procura rilasciata all'estero e fornendo importanti chiarimenti sull'argomento.


Il caso

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All'attenzione degli Ermellini giunge la vicenda di una signora che aveva chiesto fosse dichiarata nulla la procura a vendere un fondo rustico che lei aveva rilasciato al marito, redatta innanzi a un notaio americano e munita di apostille.


L'attrice, tuttavia, disconosceva l'autenticità della propria firma e, di conseguenza, chiedeva dichiarasi nullo l'atto di compravendita con il quale il marito, quale suo procuratore, aveva venduto il fondo rustico a un'altra signora.


La domanda, rigettata in prime cure, veniva accolta in appello: la Corte territoriale rilevava che la L. 373/1953 dello Stato della Pennsylvania non consente ai notai di redigere atti negoziali, ma li abilita unicamente a ricevere giuramenti, dichiarazioni, certificazione di copie di documenti e dichiarazioni, rese sotto la propria responsabilità o sotto giuramento.


Evidenziava, peraltro, che l'identità del conferente la procura riportava una data di nascita diversa da quella dell'attrice e che i due testimoni non erano stati nemmeno identificati. Secondo i giudici, dunque, l'acquirente del fondo avrebbe avuto l'onere di dimostrare l'autenticità della sottoscrizione, proponendo istanza di verificazione, non effettuata nel caso di specie.

Quando è valida la procura rilasciata all'estero

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Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sulla validità della procura rilasciata all'estero, rammentano che trova applicazione l'art. 60 della L. n. 218/1995 secondo cui la rappresentanza volontaria è regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede d'affari, sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia conosciuta o conoscibile dal terzo.


In assenza di tali condizioni, si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante esercita in via principale i suoi poteri nel caso concreto. L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui è posto in essere.


In ossequio ad un principio del favor validitatis, si legge in sentenza la legge prevede due criteri alternativi circa la validità della procura dal punto di vista della forma: uno fa rinvio alla lex substantiae (e dunque al criterio di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 60, comma 1) e l'altro che fa invece riferimento alla lex foci actus, ovvero alla legge dello Stato in cui la procura viene conferita.

Il controllo del notaio

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Il problema è allora quello di cercare di stabilire il contenuto del controllo che il notaio dovrà effettuare relativamente ai requisiti di sostanza e di forma della procura straniera, utilizzando i criteri di rinvio contenuti nella norma di diritto internazionale privato.

Secondo il collegio, il notaio dovrà sicuramente prestare particolare attenzione ai requisiti di sostanza e di forma della procura per i quali si applica la legge italiana, in particolare, alle questioni relative all'efficacia vincolante dell'attività del rappresentante nei confronti del rappresentato, al contenuto e all'estensione dei poteri del rappresentante, alla durata del potere rappresentativo, alla revoca e all'estinzione della procura, alla capacità del rappresentato, alle conseguenze del conflitto d'interessi e del contratto concluso con sè stesso, ed infine alle conseguenze del negozio concluso dal rappresentante senza poteri.

Ugualmente rigorosa sarà, inoltre, la natura del controllo circa la forma della procura in relazione all'attività compiuta dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato. Qualora la procura abbia ad oggetto la vendita di beni immobili, ex artt. 1350 e 1392 c.c., dovrà essere conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere e, quindi, con atto pubblico o con scrittura privata.

La legalizzazione della procura rilasciata all'estero

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La Cassazione evidenzia come, per essere riconosciuta, ex art. 2703 c.c., la scrittura privata dovrà essere autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L'autenticazione consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza e il pubblico ufficiale, per autenticare la sottoscrizione, dovrà previamente accertare l'identità della persona che sottoscrive.


Nel caso di procura rilasciata all'estero e ricevuta da notaio straniero, l'atto, per avere efficacia nello Stato italiano, dovrà essere legalizzato, salvo contrari accordi internazionali. La legalizzazione, disciplinata dal D.P.R. n. 445/2000, consiste nell'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa.


La Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961, ratificata e resa esecutiva con L. 1253/1966, ha abolito l'obbligo della legalizzazione per gli atti pubblici formati in Stati aderenti, e fra essi esplicitamente include gli atti notarili.

L'apposizione dell'apostille

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Il provvedimento, noto anche come Convenzione sull'apostille, per la prova della veridicità della firma e del sigillo del pubblico ufficiale da cui promana l'atto, richiede, ad opera della competente autorità dello Stato di provenienza, l'apposizione sull'atto della c.d. "apostille".


Questa, spiega la Cassazione, non si traduce in una sorta di "nuova" legalizzazione o autenticazione della firma del pubblico ufficiale, né ha valenza di parte integrante dell'atto, ma svolge la sua funzione su un piano estrinseco, provando i requisiti occorrenti per il godimento della regola agevolatrice.


Mancando tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti dall'estero.

Procura proveniente dall'estero: il controllo del notaio

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In presenza di una procura proveniente dall'estero, il notaio dovrà dunque verificare:


- che sia un atto valido secondo i criteri di rinvio dettati dal diritto internazionale privato italiano (L. n. 218 del 1995, art. 60) e dunque indagare, se occorre, anche la disciplina applicabile nel paese di origine;

- che sia un atto proveniente da un'autorità competente di uno Stato straniero;

- che sia munita di legalizzazione o apostille, salvo la presenza di convenzioni bilaterali che aboliscono la legalizzazione e l'apostille;

- che non sia contraria ai parametri previsti dagli artt. 28 L.N. e 54 R.N. e che abbia in ogni caso, per il principio di congruità con l'atto al quale deve essere allegata, i requisiti minimi di sicurezza giuridica e di accertamento dell'identità del sottoscrittore richiesti per la circolazione in Italia del negozio principale.


Nella specie, il notaio americano aveva il potere di autenticare la firma apposta dalla signora ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1961, cui hanno aderito gli Stati Uniti d'America. Come risulta dalla sentenza impugnata, la procura è stata rilasciata innanzi al notaio, come risulta dalla "apostille", recante la sottoscrizione.

Procura autenticata all'estero: va accertata l'identità di chi la sottoscrive

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Ciò nonostante, per essere valida in Italia, l'autenticazione doveva rispettare la disposizione di cui all'art. 2703 c.c.: il pubblico ufficiale è dunque tenuto ad accertare l'identità della persona che la sottoscrive, ma nel caso in esame chi ha sottoscritto la procura ha generalità diverse da quelle dell'attrice e neppure sono menzionati i documenti di riconoscimento eventualmente esaminati.


Dal che si evince come non vi sia stato un accertamento dell'identità della persona che ha sottoscritto la procura, come richiesto dal codice civile. L'autenticazione della firma, avvenuta tramite il procedimento previsto dalla Convenzione dell'Aja, rammenta la Cassazione, non esime il notaio dall'obbligo di identificare correttamente il soggetto che conferisce la procura.


Ne consegue il rigetto del ricorso non perché, come sostenuto dalla corte territoriale, sarebbe dovuta essere proposta istanza di verificazione della scrittura privata, ma perché il notaio americano, che ha autenticato la firma, non ha accertato l'identità della signora, avendo identificato una persona con generalità diverse.

Scarica pdf Cass., II civ., sent. n. 17713/2019

Foto: 123rf.com
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