Per la Cassazione si tratta di un oggetto che conserva chiari segni dell'altrui legittimo possessore. Ricettazione se non si è in grado di spiegarne la provenienza

di Lucia Izzo - Trovare un cellulare smarrito e decidere di tenerselo? Pessima idea. Si rischia di incorrere nel reato di furto in quanto si tratta di un oggetto che conserva chiari segni dell'altrui legittimo possessore, in particolare grazie al cosiddetto codice IMEI (acronimo di International Mobile Equipment Identity).


Tale codice numerico, infatti, consente di identificare univocamente il terminale mobile (Mobile Equipment). Ma vi è di più: chi i è trovato nella disponibilità di refurtiva di qualunque natura, telefoni cellulari inclusi, e non è in grado di motivare in maniera attendibile tale possesso, rischia una condanna per ricettazione.

La vicenda

Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 29627/2019 (qui sotto allegata) annullando la sentenza impugnata che aveva assolto l'imputato per il reato di cui all'art. 647 c.p. (Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito) non essendo più il fatto previsto dalla legge come reato a seguito della depenalizzazione operata dal d.lgs. 15 gennaio 7/2016.


Così era stata diversamente qualificata l'originaria imputazione di ricettazione di un telefono cellulare di cui una donna aveva denunciato lo smarrimento. In Cassazione, il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello ricorre sostenendo che la qualifica di ricettazione sarebbe dovuta essere mantenuta nel caso di specie, configurandosi quale reato presupposto il furto nella condotta di chi si impossessi di un bene, come il cellulare.

Cellulare smarrito: a tenerlo si rischia il furto

In effetti, rammentano gli Ermellini, secondo la più recente e condivisibile elaborazione giurisprudenziale in materia, si ritiene integrare il reato di furto, e non quello di appropriazione di cosa smarrita, la condotta di chi si impossessi di un telefono cellulare altrui oggetto di smarrimento, trattandosi di bene che conserva anche in tal caso chiari segni del legittimo possessore altrui e, in particolare, il codice IMEI stampato nel vano batteria dell'apparecchio (cfr. Cass. n. 1710/2016 e n. 57485/2017).

In tale ottica ricostruttiva, dunque, la Suprema Corte sottolinea come risponde del reato di ricettazione l'imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, e quindi anche di telefoni cellulari, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell'origine del possesso (cfr. Cass., n. 20193/2017).

Nel caso in esame, non essendosi il Tribunale attenuto ai principi appena richiamati, la sentenza impugnata va annullata e gli atti trasmessi al giudice del rinvio (la Corte d'Appello) per l'ulteriore corso.

Scarica pdf Cass., II pen., sent. n. 29627/2019

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