Per la Cassazione scatta l'illecito se il funzionario allo sportello aperto al pubblico fornisce informazioni inesatte, ma per il risarcimento andrà provato il danno derivato all'utente

di Lucia Izzo - Scatta l'illecito nei confronti del pubblico funzionario fornisce informazioni inesatte allo sportello aperto al pubblico. Per ottenere un risarcimento andrà tuttavia dimostrato, al di là dell'inadempimento, che dalle errate informazioni è derivato un danno all'utente.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 17052/2019 (sotto allegata) pronunciandosi sull'impugnazione di una sentenza che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni formulata da un uomo in relazione ad errate informazioni fornitegli all'epoca dall'addetto allo sportello della segreteria dell'Università.

Il caso

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Nel dettaglio, il ricorrente, all'epoca studente, si era presentato allo sportello della segreteria universitaria della Facoltà di medicina e chirurgia dell'Università per ottenere informazioni sulla sua situazione didattico-amministrativa.


In detta occasione, l'addetto allo sportello gli aveva risposto che, per evitare la decadenza dall'immatricolazione, aveva ancora un anno e (quindi, fino a marzo 1984) e che a tal fine avrebbe dovuto versare le tasse arretrate per gli anni fuori corso e sostenere, sempre entro l'anno, un esame, seppure solo con esito negativo.


La Corte d'Appello, tuttavia, ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale solo in relazione al rimborso delle somme di denaro relative ad alcune annualità di tasse universitarie indebitamente pagate dallo stesso ricorrente.

Responsabile il funzionario per le informazioni errate

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La Cassazione ritiene che il giudice a quo abbia errato nel ritenere che comunque lo studente, anche se avesse ottenuto le informazioni corrette, non avrebbe potuto regolarizzare la sua posizione a causa di circostanze di fatto. La Corte territoriale, in sostanza, ha ritenuto sussistente l'illecito del funzionario ritenendone solo insufficiente l'incidenza causale, con una pronuncia che appare di fatto ingiustificata.


In realtà, con ragionamento controfattuale, risulta che se effettivamente lo studente avesse ottenuto delle informazioni esatte nel marzo 1983, mese nel corso del quale egli incontrovertibilmente si recò allo sportello della segreteria universitaria della Facoltà di medicina, è altamente probabile che avrebbe potuto sostenere una prova d'esame, anche se solo con esito negativo (cd. esame suicida, valido ai soli fini dell'interruzione della decadenza), nel corso dell'anno accademico 1983-1984,


Viceversa, essendosi recato a regolarizzare la propria posizione amministrativa soltanto nell'aprile del 1984, a causa dell'errata informazione ricevuta allo sportello, lo studente subì le conseguenze negative derivanti dalla preclusione alla regolarizzazione.

Università: per la decadenza deve aversi riguardo agli anni accademici e non solari

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In particolare, la Corte d'Appello ha affermato che, se lo studente avesse ricevuto le informazioni esatte allo sportello universitario nel marzo del 1983, avrebbe dovuto procedere immediatamente alla sanatoria della propria posizione, pagando le tasse per gli anni fuori corso e sostenere un esame nell'anno accademico ancora in corso.


L'affermazione è incongrua in quanto fondata sul presupposto che gli otto anni siano da computare quali solari e non quali accademici. L'ultimo esame sostenuto dallo studente nel marzo 1975, si collocava pacificamente nell'anno accademico 1974-1975 (pur trattandosi verosimilmente di sessione straordinaria dell'anno accademico 1973-1974).

Ne consegue che l'ultimo anno accademico utile per lui era il 1983-1984 e in questo ambito l'ultima utile sessione di esame, che poteva cadere anche dopo il marzo 1983. Sul punto si richiama anche la giurisprudenza del giudice amministrativo (ex multis, T.A.R. Abruzzo, sent. n. 750/2015) secondo cui, ai fini del computo degli otto anni necessari al maturarsi della decadenza deve aversi riguardo agli anni accademici e non a quelli solari.

Scarica pdf Cass., III civ., sent. n. 17052/2019

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