La Suprema Corte ribadisce la possibilità di consentire l'adozione in casi particolari a single e coppie di fatto, anche se il minore è affetto da handicap

di Lucia Izzo - La c.d. adozione in casi particolari di un minore, quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo è consentita anche a singole e coppie di fatto e anche qualora il bambino sia affetto da grave handicap.


Vige, infatti, il solo rispetto del limite di età indicato dall'art. 44, comma 4, della L. n. 184/1983, ovvero che l'età dell'adottante superi di almeno 18 anni quella dell'adottando e neppure ha efficacia preclusiva contro la decisione del giudice il dissenso manifestato dai genitori naturali qualora questi siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, nell'ordinanza n. 17100/2019 (qui sotto allegata), pronunciatasi in relazione all'adozione di un bambino affetto da handicap, figlio di due coniugi la cui responsabilità genitoriale era stata revocata dal Tribunale.


Il caso

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Il giudice aveva disposto l'adozione del bambino, gravemente malato (affetto da tetraparesi distonica fin dalla nascita), da parte di una donna single di sessantadue anni, infermiera professionale pediatrica con la quale il piccolo già viveva dal alcuni anni avendo i genitori allontanato il figlio a pochi mesi dalla nascita.


Una decisione confermata in seconde cure nonostante l'opposizione dei genitori: la Corte territoriale evidenzia, infatti, come una c.t.u. redatta da due esperti aveva dichiarato la coppia assolutamente inadeguata a prendersi cura del minore, a differenza dell'adottante.


In Cassazione, tra gli altri motivi, i genitori contestato l'aver dato in adozione a una donna non giovane, tra l'altro single, un bambino portatore di handicap di otto anni, con una differenza di età, quindi, ben superiore a quella massima di quarantacinque anni, prevista dall'art. 6 della legge n. 184 del 1983, e benché i genitori non avessero dato il loro assenso all'adozione, ai sensi dell'art. 46 della stessa legge.


In particolare, si sostiene che la signora non sarebbe stata in grado di accudire da sola il piccolo e che, tra l'altro essendo diversamente abile, avrebbe necessitato della presenza di entrambe le figure genitoriali.

Adozione del minore in casi particolari

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Tali doglianze vengono in toto respinte dagli Ermellini. Nel caso in esame, si è di fronte alla c.d. adozione del minore in casi particolari che la legge n. 184/83 prevede qualora non siano presenti i requisiti della c.d. adozione legittimante, ovvero quella che recide in toto i legali dell'adottato con la famiglia di origine consentendo al minore di accedere a tutti i diritti di un figlio biologico.


Tale adozione "speciale" interviene in tali particolari situazioni consentendo l'adozione di minori dichiarati non adottabili, dunque in assenza delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 7 della legge n. 184, quando si versi in una delle situazioni previste dall'art. 44 della legge stessa. Nel dettaglio, la norma, alla lettera d), consente l'adozione quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

Adozione speciale concessa anche a single e coppie di fatto

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I giudici della Cassazione osservano che la lett. d) del citato art. 44, integra una clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando (e non certo tra quest'ultimo ed i genitori naturali), come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura.


Tale norma presuppone la constatata impossibilità di affidamento preadottivo, che deve essere intesa come impossibilità di diritto (come nel caso di mancato reperimento o rifiuto di aspiranti all'adozione legittimante), in quanto, a differenza dell'adozione piena, tale forma di adozione non presuppone necessariamente una situazione di abbandono dell'adottando e può essere disposta allorché si accerti, in concreto, l'interesse del minore al riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende stabilmente cura (cfr. Cass., n. 12962/2016).


Leggi anche: Adozione: ultima ratio


Inoltre, la mancata specificazione di requisiti soggettivi di adottante e adottando, come pure del limite massimo di differenza di età (prescrivendo la norma dell'art. 44, comma 4, esclusivamente che l'età dell'adottante debba superare di almeno 18 anni quella dell'adottando) implica che l'accesso a tale forma di adozione non legittimante sia consentito alle persone singole e alle coppie di fatto (Cass., n. 12962/2016), nei limiti di età suindicati e sempre che l'esame delle condizioni e dei requisiti imposti dalla legge, sia in astratto (l'impossibilità dell'affidamento preadottivo) che in concreto (l'indagine sull'interesse del minore), facciano ritenere sussistenti i presupposti per l'adozione speciale.

Adozione particolare: irrilevante il consenso del genitore decaduto

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Per quanto riguarda la mancanza di consenso dei genitori, la Cassazione osserva che, in tema di adozione particolare, ha efficacia preclusiva ai sensi dell'art. 46, comma 2, della L. n. 184/1983, il dissenso manifestato dal genitore che non sia mero titolare della responsabilità genitoriale, ma ne abbia altresì il concreto esercizio grazie a un rapporto effettivo con il minore, caratterizzato di regola dalla convivenza, in ragione della centralità attribuita dagli artt. 29 e 30 Cost. all'effettività del rapporto genitore-figli (Cass., n. 18575/2015).


Nel caso concreto, per contro, i genitori del minore sono stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale, proprio in quanto hanno allontanato il figlio a pochi mesi dalla nascita e, secondo la c.t.u. espletata in prime cure, gli stessi sono risultati del tutto inadatti al ruolo genitoriale in relazione a un bambino affetto da gravissime patologie, delle quali non hanno affatto una piena consapevolezza, avendolo allontanato fin da piccolissimo ed avendolo, per lo più, considerato una sorta di loro proprietà della quale occorreva rientrare in possesso.


Come si evince dalla stessa c.t.u., la adottante, infermiera professionale pediatrica, con la quale il piccolo viveva dal 2010, si è rivelata ampiamente in grado di provvedere a tutte le necessità del minore, con la collaborazione della figlia.

Scarica pdf Cass., VI civ., ord. n. 17100/2019

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