Gli accordi c.d. prematrimoniali potrebbero essere presto disciplinati dal codice civile, secondo il d.d.l. all'esame del Senato. Il punto della giurisprudenza

di Lucia Izzo - Dei c.d. accordi prematrimoniali negli ultimi anni se ne è parlato parecchio. Si tratta, nel dettaglio, di quei contratti stipulati dai nubendi allo scopo di disciplinare preventivamente i loro rapporti patrimoniali in caso di separazione o divorzio.


Lo scopo è quello di aggirare le difficoltà che frequentemente si presentano al termine di una relazione, dove trovare un accordo si appalesa un sentiero impraticabile anche causa dell'accesa conflittualità presente in tale fase patologica del rapporto.

Gli accordi prematrimoniali in Italia

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L'Italia, sinora, è rimasta nel gruppo di quei paesi che non hanno puntualmente normato la fattispecie su cui, invece, hanno fatto scuola i paesi anglosassoni. Se i "prenuptial agreements" sono una realtà consolidata in Inghilterra, Stati Uniti e Australia, anche i paesi Europei hanno mostrato sensibilità sul tema, come dimostrano le esperienza di Spagna e Germania.

Accordi che, tuttavia, il nostro paese reputa in contrasto con la previsione dell'articolo 160 del codice civile e col principio dell'indisponibilità dei diritti nascenti dal matrimonio.

Ciononostante, dopo diverse proposte cadute nel dimenticatoio, anche il nostro paese potrebbe ben presto disciplinare compiutamente gli accordi prematrimoniali. Il merito è del disegno di legge recante "Delega al Governo per la revisione del codice civile" approdato recentemente al Senato.

Per approfondimenti: La riforma del Codice civile approda al Senato

Attraverso la stipulazione di tali accordi si intende ampliare il contenuto delle convenzioni matrimoniali già disciplinate dal codice civile, all'art. 162, norma con la quale dovranno misurarsi le disposizioni delegate in materia.

Accordi prematrimoniali nel codice civile

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Il testo, presentato dal Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro della giustizia, prevede espressamente tra i criteri di delega quello atto a disciplinare la stipulazione di accordi noti ai più come prematrimoniali.

Nel dettaglio, l'istituto consentirà ai nubendi, ai coniugi e alle parti di una programmata o costituita unione civile di gestire consensualmente i rapporti, personali e patrimoniali, in un momento precedente la crisi del rapporto, in cui è più facile definire consensualmente il reciproco assetto degli interessi. Gli accordi potranno contenere anche i criteri per l'indirizzo della vita familiare e per l'educazione dei figli

Il disegno di legge delega fissa il criterio direttivo del rispetto, oltre che delle norme imperative, dei diritti fondamentali della persona umana, dell'ordine pubblico e del buon costume, così consentendo di preservare in primo luogo l'indisponibilità dello status coniugale o di parte di unione civile e di limitare la regolamentazione convenzionale ai diritti disponibili, escludendo altresì limitazioni dei diritti fondamentali della persona, una volta venuto meno detto status, per lo scioglimento del matrimonio o la cessazione dell'unione civile

Accordi prematrimoniali: il punto della giurisprudenza

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Configurati come accordi in previsione dell'eventuale crisi del rapporto, essi verrebbero a colmare una lacuna del nostro ordinamento, nel quale tuttora tali tipologie di accordi, sia patrimoniali che personali, sono reputati nulli.

Tale lacuna è ritenuta particolarmente avvertita nel sentire sociale, come dimostrano i ripetuti interventi giurisprudenziali chiamati ad occuparsi di accordi stipulati dai nubendi o dai coniugi per l'eventuale futura crisi del rapporto o dai secondi per regolare gli effetti, in specie patrimoniali, ma non solo, della crisi in atto.

Nella maggior parte dei casi i magistrati si sono opposti alla validità dei patti prematrimoniali, ritenuti nulli per illiceità della causa, poiché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, ex art. 160 del codice civile, e con il diritto all'assegno divorzile in considerazione della sua natura assistenziale (cfr. Cass. n. 3777/1981 e n. 17634/2007)

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Una conclusione recentemente ribadita dalla sentenza n. 2224/2017, gli Ermellini hanno evidenziato che di tali accordi non potrà tenersi conto, "non solo quando limitino o addirittura escludono il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le esigenze della vita - ma altresì - quando soddisfino pienamente dette esigenze, per il rilievo che una preventiva pattuizione, specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio, potrebbe determinare il consenso a porre fine agli effetti civili del matrimonio"

Accordi prematrimoniali: l'apertura dei giudici

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Tale orientamento è stato criticato da parte della dottrina, poiché trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i principi del diritto di famiglia, ma la stessa evoluzione del sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale.

E dall'esame del quadro giurisprudenziale complessivo sono emerse anche alcune isolate decisioni che si sono mostrate favorevoli e hanno aperto uno spiraglio circa la loro ammissibilità. Con una serie di pronunce, (cfr. ex multis Cass., sent. n. 8109/2000, n. 5302/2006, n. 17634/2007) la giurisprudenza di legittimità ha corretto il tiro ritenendo che i patti patrimoniali volti a quantificare preventivamente l'assegno divorzile siano affetti non da nullità assoluta, bensì relativa.

Nella sentenza n. 23801/2006 gli Ermellini non hanno ritenuto di escludere la validità delle pattuizioni, integranti un contratto atipico, stipulate tra i coniugi successivamente in vista dell'omologazione dei loro accordi di separazione consensuale, comunque al di fuori di questi ultimi, al fine di integrarne la regolamentazione dei soli profili patrimoniali. E sempre che, in relazione ai superiori interessi della famiglia, siano migliorative degli accordi in oggetto ovvero inerenti profili da questi non presi in considerazione senza alternarne nella sostanza l'assetto.

Ancora, nel 2012, con la sentenza n. 23713, la Corte ha riconosciuto la validità di un contratto con cui la futura sposa si impegna a trasferire la proprietà di un immobile al coniuge, per indennizzarlo delle somme spese da costui per ristrutturare l'edificio adibito poi a casa coniugale. ritenuto un vero e proprio contratto, caratterizzato da prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali.

In sostanza, la Cassazione lo ha qualificato come un accordo tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo peraltro alla categoria degli accordi prematrimoniali (ovvero effettuati in sede di separazione consensuale) in vista del divorzio, che intendono regolare l'intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la corresponsione di assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti.


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