L'ultimo caso è avvenuto in provincia di Agrigento: un gruppo su WhatsApp segnalava la presenza di pattuglie delle forze di polizia per eludere i controlli

di Gabriella Lax - Una volta si utilizzava la tecnica dei fari lampeggianti per segnalare agli automobilisti in arrivo dalla corsia opposta la presenza di forze dell'ordine. La moderna tecnologia, con chat e social, ha fatto progressi anche in questo ambito. Sono stati scoperti di recente gruppi su WhatsApp in cui si segnalavano posti di blocco e controlli di polizia. Ma un tale comportamento integra il reato di interruzione di pubblico servizio, in concorso.

Segnalazioni su WhatsApp della presenza della polizia

L'ultimo caso, come riporta Ilsole24ore, è avvenuto a Canicattì: le forze dell'ordine dopo un'articolata indagine hanno denunciato alla procura

della Repubblica di Agrigento 62 persone responsabili di aver creato un gruppo su WhatsApp il cui obiettivo principale era la segnalazione della presenza di pattuglie delle forze di polizia per eludere i controlli. Le indagini sono iniziate casualmente dopo il ritrovamento di uno smartphone. I componenti del gruppo, nello specifico, divulgavano in chat i luoghi in cui erano in corso controlli di polizia, rendendo vane in parte le attività di prevenzione e repressione dei reati. Per questi soggetti il reato ipotizzato è di interruzione di pubblico servizio, in concorso. Tale reato si ha, chiarisce il l'art. 340 del codice penale, quando si «cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità». E' prevista in questo caso la reclusione fino a un anno; se si individuano i capi, promotori od organizzatori della turbativa, la reclusione va da uno a cinque anni. Parimenti può costituire reato anche utilizzare per la segnalazione un navigatore collegato a una community oltre che, naturalmente come nel caso di utilizzo del cellulare alla guida, costituire pericolosa distrazione mentre si è al volante.


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