L'avvocato che cessa l'attività per malattia, senza cancellarsi dall'albo, è legittimato a ricevere le notifiche degli atti per il cliente

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 487/2019 (sotto allegata) la Cassazione a sezioni unite precisa che è solo con la cancellazione dall'albo che l'avvocato perde la legittimazione a compiere e ricevere atti per conto del cliente. La mera cessazione di fatto dell'attività professionale infatti non comporta il venir meno dell'obbligo di ricevere la notifica degli atti e di darne notizia al cliente. Su di lui infatti grava un dovere di diligenza professionale che permane fino a quando la nomina di un altro avvocato non venga comunicata ritualmente alle controparti e all'ufficio.

La vicenda processuale

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Il C.N.F rigetta il ricorso avanzato da un avvocato avente per oggetto la delibera con cui il Consiglio dell'ordine di appartenenza gli ha irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per 6 mesi per appropriazione indebita.

Il Consiglio, sospendendo il giudizio in attesa della definizione del procedimento penale, rileva l'assoluzione dal reato di appropriazione indebita per prescrizione, ma conferma le condanne di primo e secondo grado.

Il Consiglio non tiene conto della buona fede dell'accusato, poiché, ai fini della responsabilità disciplinare è sufficiente il dolo generico. Condividendo la ricostruzione dei fatti del Consiglio dell'ordine di appartenenza, ritiene irrilevanti tutta una serie di circostanze. Per quanto riguarda la sanzione, niente da dire su quella applicata.

Rimessione in termine per notifica a persona non addetta

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Avverso predetta sentenza l'avvocato ricorre in Cassazione, affidandosi a tre motivi, uno dei quali finalizzato a sollecitare la rimessione in termini per la presentazione del ricorso agli Ermellini, perché incorso nella decadenza dell'impugnazione per causa a lui non imputabile.

Il difensore sostiene infatti di non aver potuto proporre ricorso nei termini, perché la sentenza

impugnata, notificata al suo legale nel domicilio eletto per il precedente grado del giudizio, è stata consegnata a soggetto senza titolo per riceverla al suo posto. La notifica infatti è stata effettuata presso lo studio del figlio del difensore (costretto nel frattempo ad abbandonare la professione a causa di una grave malattia), il cui ufficio è sito allo stesso indirizzo del padre, tanto che l'atto è stato consegnato per errore alla segretaria del successore, che ha dichiarato di essere addetta a ricevere gli atti.

Solo la cancellazione dall'albo fa decadere l'avvocato dalla ricezione degli atti del cliente

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La Corte di cassazione, nella pronuncia a Sezioni Unite n. 487/2019 dichiara il ricorso inammissibile. Il ricorrente si è infatti limitato a fornire prova della malattia del proprio legale, che lo ha difeso innanzi al Consiglio Nazionale Forense, senza però dimostrarne, come conseguenza della patologia, la cancellazione dall'albo anteriore alla notifica della sentenza impugnata.

Ne consegue che "in mancanza del predetto adempimento, la notificazione deve considerarsi correttamente eseguita presso il domicilio eletto dal difensore costituito nella precedente fase processuale, ed a mani di persona qualificatasi come addetta alla ricezione degli atti, con la conseguente esclusione della possibilità di dichiararne la nullità. E' solo la cancellazione dall'albo infatti a determinare la decadenza del professionista dall'ufficio di procuratore ed avvocato e a far quindi cessare lo ius postulandi, il cui venir meno comporta altresì la perdita da parte del difensore della legittimazione a compiere e ricevere atti processuali per conto del cliente. In mancanza della stessa, non può assumere alcun rilievo la cessazione di fatto dell'attività professionale, la quale, anche quando si traduce nella rinunzia al mandato, non dispensa il difensore dal compito di ricevere la notificazione degli atti e darne notizia al cliente, in adempimento del dovere di diligenza professionale a lui incombente, a meno che non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro avvocato e la stessa sia stata ritualmente portata a conoscenza delle controparti e dell'ufficio."

Secondo la Cassazione inoltre il fatto che l'attività dello studio sia stata proseguita dal figlio, che ne ha ereditato mezzi e persone, rende assolutamente legittima la ricezione dell'atto da parte della sua segretaria, come tale idonea a ricevere l'atto solo per il fatto di trovarsi nel luogo indicato per la consegna. Spettava al ricorrente infatti dimostrare che la stessa non fosse legittimata a ricevere gli atti perché priva di delega o perché la sua presenza era da ritenersi meramente occasionale o comunque non collegata lavorativamente allo studio professionale.

Deve pertanto ritenersi che, in presenza di una notifica valida ed efficace, il mero impedimento del difensore non è di ostacolo alla conoscenza, da parte dell'interessato, della sentenza impugnata, che avrebbe potuto apprendere questa informazione anche dai collaboratori dello studio.


Scarica pdf Corte di Cassazione - SU n. 487 del 10 gennaio 2019

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