Il Ministero del lavoro fornisce le prime indicazioni relative ai contratti di lavoro a tempo determinato e di somministrazione di lavoro a seguito del D.L. n. 87/2018 (decreto dignità)

di Lucia Izzo - Con la Circolare n. 17 del 31 ottobre 2018 (qui sotto allegata), il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni interpretative con l'obiettivo di favorire l'uniforma applicazione della nuova disciplina introdotta dal c.d. decreto dignità.


Si tratta di chiarimenti sulle previsioni del D.L. n. 87/2018, recante "Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese", convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96.


Contratto a tempo determinato: i chiarimenti

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Il dicastero rammenta che le modifiche introdotte riguardano, in primo luogo, la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, o di periodi di missione in somministrazione a tempo determinato, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, indipendentemente dai periodi di interruzione.


Più precisamente, le parti possono stipulare liberamente un contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, mentre in caso di durata superiore tale possibilità è riconosciuta esclusivamente in presenza di specifiche ragioni (c.d. causali) che giustificano un'assunzione a termine, ovvero:


- esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività;

- esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.


Le "causali" sono sempre necessarie quando si supera il periodo di 12 mesi, anche se derivante dalla proroga di un contratto originariamente inferiore ai 12 mesi. Il Ministero rammenta che, anche nelle ipotesi in cui non è richiesto al datore di lavoro di indicare le motivazioni introdotte dal decreto dignità, le stesse dovranno essere comunque indicate per usufruire dei benefici previsti da altre disposizioni di legge.


Rimane la possibilità per le stesse parti, raggiunto il limite massimo di durata del contratto a termine, di stipulare un ulteriore contratto della durata massima di 12 mesi presso le sedi territorialmente competenti dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Anche a tale contratto si applica la nuova disciplina dei rinnovi.

Contratto a termine: proroghe e rinnovi

Il decreto dignità ha previsto, dunque, che la proroga del contratto a tempo determinato sia ammessa liberamente entro i 12 mesi, mentre per il rinnovo sarà sempre richiesta l'indicazione della causale.


La proroga presuppone che restino invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l'assunzione a termine, fatta eccezione per la necessità di prorogarne la durata entro il termine di scadenza.


Pertanto, non è possibile prorogare un contratto a tempo determinato modificandone la motivazione, in quanto ciò darebbe luogo ad un nuovo contratto a termine ricadente nella disciplina del rinnovo, anche se ciò avviene senza soluzione di continuità con il precedente rapporto.


Si ricade altresì nell'ipotesi del rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto.


Ulteriore novità è rappresentata dalla riduzione del numero massimo di proroghe, che non possono essere superiori a 4, entro i limiti di durata massima del contratto e a prescindere dal numero dei contratti e con esclusione dei contratti instaurati per lo svolgimento di attività stagionali.

Forma scritta del termine

Il decreto ha anche eliminato la possibilità che il termine debba risultare "direttamente o indirettamente" da atto scritto. Si esclude, dunque, la possibilità di desumere da elementi esterni al contratto la data di scadenza.


Resta ferma la possibilità che, in alcune situazioni, il termine del rapporto di lavoro continui a desumersi indirettamente in funzione della specifica motivazione che ha dato luogo all'assunzione, come in caso di sostituzione della lavoratrice in maternità di cui non è possibile conoscere, ex ante, l'esatta data di rientro al lavoro, sempre nel rispetto del termine massimo di 24 mesi.

Contributo addizionale a carico del datore di lavoro

A decorrere dal 14 luglio 2018, inoltre, il contributo addizionale a carico del datore di lavoro (1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali) applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.


La misura ordinaria andrà incrementata al primo rinnovo. In tal modo verrà determinata la nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l'incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo. Analogo criterio di calcolo dovrà essere utilizzato per eventuali rinnovi successivi.


La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, in quanto la disposizione introdotta dal decreto dignità si riferisce soltanto al rinnovo.

Somministrazione di lavoro: i chiarimenti

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Il D.L. n. 87 ha esteso la disciplina del lavoro a termine alla somministrazione di lavoro a termine, con la sola eccezione delle previsioni sulle pause tra un contratto e il successivo (c.d. stop and go), sui limiti quantitativi al numero dei contratti a tempo determinato che può stipulare ogni datore di lavoro e sul diritto di precedenza.


Nessuna limitazione è stata introdotta per l'invio in missione di lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore quindi tali lavoratori potranno essere inviati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata, rispettando i limiti percentuali stabiliti dalla medesima disposizione.

Somministrazione di lavoro: periodo massimo di occupazione

L'estensione operata dal decreto dignità ha tuttavia lasciato inalterata la possibilità, riconosciuta alla contrattazione collettiva, di disciplinare il regime delle proroghe e della loro durata.


Quindi, il rispetto del limite massimo di 24 mesi (o quello diverso fissato dalla contrattazione collettiva) entro cui sarà possibile fare ricorso ad uno o più contratti a termine o di somministrazione a termine, dovrà essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore.


A tal fine dovranno considerarsi sia i periodi svolti con contratto a termine, sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale.


Pertanto, il limite temporale di 24 mesi opera sia in caso di ricorso a contratti a tempo determinato che nell'ipotesi di utilizzo mediante contratti di somministrazione a termine: raggiunto tale limite, il datore non potrà più ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore per svolgere mansioni di pari livello e della medesima categoria legale.


Inoltre, si chiarisce che il computo dei 24 mesi di lavoro deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, ivi compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.

Somministrazione di lavoro: condizioni

Altre novità riguardano anche le condizioni che giustificano il ricorso alla somministrazione a termine in caso dei contratti di durata superiore a 12 mesi e dei relativi rinnovi. In proposito occorre considerare che le condizioni introdotte dal decreto dignità si applicano esclusivamente con riferimento all'utilizzatore.


In caso di contratto di somministrazione che superi i 12 mesi o di rinnovo della missione presso lo stesso utilizzatore, il contratto di lavoro stipulato dal somministratore con il lavoratore dovrà indicare una motivazione riferita alle esigenze dell'utilizzatore stesso.


La circolare precisa che non saranno cumulabili a tale fine i periodi svolti presso diversi utilizzatori, fermo restando il limite massimo di durata di 24 mesi del rapporto (o la diversa soglia individuata dalla contrattazione collettiva).

Somministrazione di lavoro: limite quantitativo di lavoratori somministrati

La legge di conversione del decreto-legge n. 87 ha, per la prima volta, introdotto un limite all'utilizzo dei lavoratori somministrati a termine: sarà all'uopo necessario rispettare una proporzione tra lavoratori stabili e a termine presenti in azienda, ancorché derogabile dalla contrattazione collettiva applicata dall'utilizzatore.


Ferma restando la percentuale massima del 20% di contratti a termine, nell'impresa utilizzatrice potranno esservi lavoratori a tempo determinato e lavoratori inviati in missione per somministrazione a termine, entro la percentuale massima complessiva del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore.


Resta ferma la facoltà per la contrattazione collettiva di individuare percentuali diverse, per tenere conto delle esigenze dei diversi settori produttivi. Il limite percentuale del 30% troverà applicazione per ogni nuova assunzione a termine o in somministrazione avvenuta a partire dal 12 agosto 2018.


I rapporti in corso, ove sia superato il limite di legge, potranno continuare fino alla loro iniziale scadenza, ma non sarà possibile effettuare nuove assunzioni né prorogare i rapporti in corso fino a quando il datore di lavoro o l'utilizzatore non rientri entro i nuovi limiti.


Continuano a essere esclusi dai predetti limiti quantitativi i lavoratori somministrati a tempo determinato che rientrino in alcune categorie indicate all'art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015 (quali, a puro titolo di esempio, disoccupati che fruiscono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali, soggetti svantaggiati o molto svantaggiati).

Periodo transitorio

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Il decreto dignità prevede che le nuove disposizioni si applichino ai contratti di lavoro a termine stipulati successivamente alla sua data di entrata in vigore. In sede di conversione si è previsto, con riferimento ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso, che la nuova disciplina disciplina trovi applicazione solo dopo il 31 ottobre 2018.


Terminato il periodo transitorio introdotto dalla legge di conversione, dalla data del 1° novembre 2018 trovano piena applicazione tutte le disposizioni introdotte con la riforma, compreso l'obbligo di indicare le condizioni in caso di rinnovi (sempre) e di proroghe (dopo i 12 mesi).


Infine, il Ministero ritiene che il periodo transitorio trovi applicazione anche con riferimento alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. È infatti ragionevole concludere che i più stringenti limiti introdotti rispetto alla disciplina previgente operino gradualmente per entrambi i rapporti lavoro.

Ministero del Lavoro, Circolare n. 17/2018

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