Pur in difetto di una specifica autorizzazione, il legale può riscuotere i crediti dei clienti qualora allo stesso venga riconosciuta la qualità di "indicatario" del pagamento

Avv. Paolo Accoti - E' noto che i poteri del difensore nell'interesse del cliente, ai sensi dell'art. 84 Cpc, si estendono a tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, salvo che si tratti di atti che importino disposizione del diritto in contesa, qualora non abbia espressamente ricevuto mandato in tal senso.

Ecco che allora, al fine di verificare fino a dove si estendono i poteri dell'avvocato difensore, occorre avere riguardo alla procura (mandato) alle liti e, qualora non fosse specificamente autorizzato, lo stesso non sarebbe legittimato a riscuotere somme in nome e per conto del proprio cliente e, conseguentemente, a liberare il debitore.

Tuttavia, pur in difetto di espressa autorizzazione, qualora dall'esame della procura condotto sulla scorta dei canoni ermeneutici di interpretazione del contratto (art. 1362 e segg.), possa desumersi che l'avvocato sia stato indicato quale destinatario del pagamento, il versamento allo stesso di somme di pertinenza del proprio cliente libererebbe il debitore.

Ed invero, qualora nel contesto della procura alle liti, si riscontrassero frasi del tipo <<riconoscimento allo stesso della facoltà di compiere quant'altro sia opportuno e necessario nell'interesse …>>, nonché la dicitura <<il tutto con dichiarazione di avere per rato e valido l'operato dei nominati procuratori senza bisogno di ulteriori atti di ratifica e/o conferma>>, nell'interpretare l'effettiva estensione della procura alle liti, deve ritenersi che all'avvocato sia stato conferito un autonomo potere, ex art. 1188, I co. Cc, di ricevere la prestazione per conto del proprio cliente da parte del debitore, siccome indicato dal creditore quale soggetto legittimato a ricevere il pagamento.

Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, III Sezione civile, nella sentenza n. 22544, pubblicata in data 25 settembre 2018.

La vicenda giudiziaria

Una società finanziaria conveniva in giudizio l'avvocato difensore dalla stessa nominato a rappresentarla in un diverso giudizio, nonché il proprio creditore, per vedersi risarcita il danno provocato dall'incasso, da parte del predetto avvocato, di alcune somme di sua pertinenza.

Eccepiva, infatti, il difetto di procura all'incasso delle predette somme e, pertanto, considerava il debitore non liberato dalla sottostante obbligazione pecuniaria nei sui confronti.

Il Tribunale di Perugia accoglieva la domanda risarcitoria, con condanna in solido dei convenuti, tuttavia, in sede di gravame, la Corte d'Appello di Perugia, in riforma parziale della sentenza di primo grado, escludeva qualsivoglia responsabilità del debitore convenuto.

La stessa, infatti, dall'interpretazione della procura generali alle liti rilasciata all'avvocato, concludeva come lo stesso fosse stato indicato quale destinatario del pagamento, ex art. 1188 Cc, e che, pertanto, il debitore doveva ritenersi liberato dall'obbligazione pecuniaria in favore della società creditrice.

Propone articolato ricorso per cassazione la società finanziaria, eccependo tra l'altro la violazione dell'art. 84 Cpc e 1188 Cc.

Cassazione: l'avvocato può riscuotere per conto del cliente

Il Giudice di legittimità da atto che la Corte di merito, nell'interpretare la procura generale alle liti rilasciata dalla ricorrente al proprio legale, secondo i canoni ermeneutici di interpretazione dei contratti, ai sensi degli artt. 1136 e segg. Cc, e, pertanto, valutando l'intenzione dei contraenti, le clausole complessive e quant'altro, ed in particolare dall'utilizzo di espressioni del tipo <<riconoscimento allo stesso della facoltà di compiere quant'altro sia opportuno e necessario nell'interesse …>>, nonché <<il tutto con dichiarazione di avere per rato e valido l'operato dei nominati procuratori senza bisogno di ulteriori atti di ratifica e/o conferma>>, ha ritenuto come l'avvocato sia stato indicato quale destinatario del pagamento, in virtù dell'art. 1188 Cc, a mente del quale <<Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante, ovvero alla persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo. Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato.>>, così ritenendo liberato il debitore.

La Corte di Cassazione ritiene il ragionamento operato dal Giudice del gravame corretto.

A tal proposito ricorda come <<il procuratore ad litem, se non è specificamente autorizzato, non è legittimato a riscuotere le somme dovute al proprio cliente ed a liberare il debitore (Cass. Sez. 3, sent. 24 aprile 1971, n. 1199, Rv. 351351-01; Cass. Sez. 3, sent. 9 settembre 1998, n. 8927, Rv. 518729-01).>>.

Tuttavia, <<ciò non toglie che pur in difetto di una specifica autorizzazione ad operare come rappresentante del creditore, rinvenibile nella già citata procura notarile ad lites, la legittimazione del …. a riscuotere i crediti di F.G. potesse trovare titolo - come ha correttamente ritenuto la Corte perugina - nel conferimento di un autonomo potere, ex art. 1188, comma 1, cod. civ., di ricevere la prestazione, quale mero indicatario di pagamento.>>.

Tanto sulla scorta delle differenze esistenti tra "rappresentante" e "indicato al pagamento", tanto è vero che <<l'art. 1188 cod. civ., dopo avere enunciato la regola che il pagamento deve essere fatto al creditore, consente che questi può commettere anche ad altri soggetti di ricevere la prestazione, secondo il principio per cui la titolarità di un diritto non ne implica la necessaria gestione da parte del titolare, il quale ben può affidarla ad altri; orbene, il fatto che la legge distingua tra rappresentante e soggetto (espressamente o tacitamente) indicato dal creditore implica, poi, che la designazione del secondo (denominato anche adiectus solutionis causa) avviene al di fuori di un rapporto di rappresentanza in senso tecnico, come si ricava logicamente dal fatto che le due categorie di soggetti sono indicate distintamente" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 23 giugno 1997, n. 5579, Rv. 505372-01).>>.

Conseguentemente, <<a prescindere dall'esistenza di un (espresso) potere di riscuotere la prestazione conseguente alla sua posizione di procuratore ad lites, l'Avv. …. potesse porsi come indicatario di pagamento, come ha ritenuto la sentenza impugnata, senza, pertanto, che il giudice di appello sia incorso in alcuna violazione e/o falsa applicazione degli artt. 84, comma 2, cod. proc. civ. e 1188, comma 1, cod. civ.>>.

In definitiva, il ricorso deve essere rigettato con condanna della soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Cass. civ., Sez. III, 25.09.2018, n. 22544
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