Per la Cassazione l'interesse del correntista contro clausole illegittime sussiste anche in assenza di rimesse solutorie. La nullità è rilevabile anche prima della chiusura del conto

di Lucia Izzo - L'assenza di rimesse solutorie non esclude l'interesse del correntista a ricorrere in giudizio per far valere l'illegittimità di clausole riguardanti interessi anatocistici. Il cliente, inoltre, potrà far accertare la nullità delle suddette clausole anche prima della chiusura del conto corrente: tramite l'immediata rideterminazione delle poste attive e passive, infatti, possono evitarsi future annotazioni illegittime e il correntista può ripristinare una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 21646/2018 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di una correntista che aveva evocato in giudizio la sua banca domandando l'accertamento della nullità di clausole anatocistiche dei contratti di conto corrente intercorsi tra le parti.

Ciononostante la domanda veniva rigettata dal giudice d'appello che, riteneva non potersi accogliere la domanda di ripetizione ancorata alla nullità della clausola contrattuale regolante gli interessi anatocistici, stante la circostanza che, al momento dell'introduzione del giudizio, il rapporto era ancora in corso.

La Cassazione giudica, tuttavia, non condivisibile la conclusione cui è pervenuta la Corte di merito che ha disatteso la domanda di accertamento delle nullità contrattuali e di rideterminazione del saldo sul presupposto della loro strumentalità rispetto alla domanda di ripetizione (a sua volta non accoglibile in ragione della mancata evidenza di versamenti solutori).

Anatocismo: il correntista può agire in giudizio anche a rapporto in corso

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, infatti, sussiste un sicuro interesse del correntista, in una situazione quale quella in esame (contrassegnata dall'assenza di rimesse solutorie da lui eseguite), ad accertare, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l'esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l'entità del saldo (parziale) ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo.

Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni secondo gli Ermellini: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto.

Anatocismo da accertare anche in assenza di rimesse solutorie

Sotto questi tre profili la domanda di accertamento di cui si dibatte prospetta, dunque, un sicuro interesse per il soggetto che la propone essendo volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice.

Secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite, "il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso" (Cass. SS.UU. n. 24418/2010)

La Corte di appello avrebbe dovuto quindi comunque statuire sul merito delle domande di accertamento proposte, giacché l'acclarata insussistenza di rimesse solutorie non escludeva un interesse della correntista rispetto alle pronunce invocate.

Cass., VI civ., ord. n. 21646/2018

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