Tra queste, certe specifiche situazioni, nel momento in cui diventano insostenibili per il dipendente vengono portate in tribunale.
Il caso
Ed in effetti il Tribunale prima e la Corte di Appello dopo, hanno esaminato e risolto questo singolare dossier (Corte di Appello di Trento sezione distaccata di Bolzano, controversie di lavoro e previdenza, sentenza n. 30 del 14.07.2018).
Un vigile urbano alle dipendenze di un Comune viene ritenuto troppo zelante in quanto, stando a quanto riferisce l'Ente, parla troppo sui social e diffonde continuamente interviste e notizie relative al servizio.
Il vigile, dal canto suo, sostiene l'esatto contrario, affermando invece che tale iniziativa è funzionale dal momento che illustra sistematicamente, senza offesa alcuna verso il Comune, l'andamento delle diverse attività espletate. In pratica: semplice informazione.
Sta di fatto, però, che da quel momento il dipendente viene "retrocesso": dagli ordinari servizi di pattuglia a mansioni interne e vigilanza di parcheggi a pagamento.
Un bel problema per il vigile, non c'è che dire.
La soluzione
Le posizioni contrapposte delle parti portano ad uno scontro aspro nelle aule di giustizia.
Al Comune viene rivolta la domanda di demansionamento e di risarcimento del danno; in prima battuta il giudice di primo grado ritiene effettivamente dequalificante per il vigile il fatto di essere stato adibito al parcheggio.
Su questo punto specifico anche la Corte di Appello ritiene, alla fine, che l'assegnazione al "governo del parcheggio" sia stata una misura dequalificante.
Marcia indietro, invece, per i risarcimenti che erano stati accordati in primo grado.
Per quanto riguarda la frenetica attività di pubblicazione dei social, questa viene ritenuta dai magistrati priva di componenti lesive verso l'Ente di appartenza: l'amministrazione comunale non ha infatti subito alcuna ripercussione negativa da questa condotta.
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