Per la Cassazione, il test del Dna è esame ripetibile per cui non vi è necessità di avvisare l'indagato e il suo difensore

Avv. Francesca Servadei - Con sentenza numero 26374/2018, la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito un importante principio di diritto: "l'indagato ed il suo difensore non vengono avvisati nel caso in cui vi sia la necessità di rifare il test del DNA, in quanto trattasi di esame ripetibile".

Accertamenti tecnici non ripetibili

Il prelievo sul Dna, mediante il sequestro di oggetti contenenti residui organici, non essendo atto invasivo non richiede la cognizione dei soggetti interessati, come già aveva statuito la giurisprudenza di legittimità con un orientamento del 2005 (sentenza n. 8393/2005). Inoltre un granitico orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte (n. 2999/1993) evidenzia che rientrano nella nozione di accertamenti tecnici non ripetibili soltanto quelli aventi ad oggetto individui, cose ovvero luoghi soggetti a modificazioni tali da far perdere le loro caratteristiche in tempi brevi ai fini probatori.

Esame Dna e obbligo di avviso

L'identificazione del Dna della persona mediante campioni di materiale genetico (repertato tramite rilievi tecnici) comporta attività che possono essere qualificate come ripetibili o irripetibili in base alla possibilità di distruzione o grave deterioramento dei campioni usati. Pertanto, sostiene la Cassazione, "se l'estrazione del profilo genetico dal materiale biologico proveniente dall'indagato è attività ripetibile, nessun avviso è dovuto, ferma restando il diritto della parte di chiedere l'accertamento peritale con conseguente attivazione del contraddittorio tecnico sulle operazioni di estrazione del profilo genetico" (cfr. Cass n. 2087/2010).

Può dunque affermarsi, scrivono da piazza Cavour, "che la natura irripetibile dell'accertamento tecnico che conduce alla estrapolazione del profilo genetico presente su reperti sequestrati deve essere accertata in concreto, dipendendo dalla quantità della traccia e dalla qualità del Dna sulla stessa presente." Ciò premesso, all'indagato e al difensore non era dovuta la comunicazione del successivo accertamento tecnico disposto sui reperti dal pubblico ministero, in quanto il profilo genotipico estratto, è risultato utile per la comparazione e quindi è sempre possibile ripetere l'analisi; invero, il richiamo all'osservanza delle formalità di cui all'art. 360 c.p.p. presuppone che l'accertamento tecnico riguardi reperti soggetti a modificazione, di tal chè non sia possibile una successiva ripetizione nel corso delle diverse fasi del procedimento.

Alla luce di quanto esposto gli Ermellini rigettano il ricorso condannando il ricorrente alle spese processuali.

AVV. FRANCESCA SERVADEI

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Cassazione sentenza n. 26374/2018

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